Culto prematuro

Culto di Chiara Lubich

"La chiarezza è una giusta distribuzione di luce e ombra."
Johann Georg Hamann
di Francesco Murru

Uno degli aspetti che più rimprovero ai focolarini è il culto, l'appiattimento sulla figura di Chiara Lubich e l'incessante produzione di narrazione che ha come unico tema proprio Chiara, Chiara, Chiara e solo Chiara: quando la cara leader era in vita e ancora oggi dopo la sua morte. In questo i focolarini sono rimasti coerenti ahimè ma non riescono proprio a staccarsi dalla "madre" tanto che ci si chiede: "ma se togli Chiara ai focolarini cosa gli resta e sopratutto cosa hanno da proporre che non sia sempre e solo Chiara?". 

A questo proposito mi è stato segnalato un post sul blogdi padre Fabio Ciardi, in occasione della recente pubblicazione dell’ennesimo volume agiografico su Chiara Lubich da lui curato: "Lacrime e stelle". Ammetto di non aver letto ancora il libro, ho potuto sfogliarne l’anteprima ma non credo di avere la forza di leggere il seguito. Mi limito quindi al testo del post di padre Fabio. (qua trovate comunque una interessante recensione critica al libro - vedi link)

Mi ha colpito il titolo "Confesso il peccato: ho scritto un’agiografia" (probabilmente padre Fabio Ciardi legge alcuni post del Carapace ; ) È un chiaro esempio di "excusatio non petita, accusatio manifesta". Mi ha incuriosito poi la domanda centrale che Ciardi si pone un po' a modo di “coda di paglia in fiamme”:

“È un peccato fare opera di edificazione e proporre un modello di vita?”

Vorrei rispondere a padre Fabio che sì, può esserlo — o quantomeno, può diventarlo — quando l’opera di edificazione precede o sostituisce la ricerca di chiarezza documentaria. In particolare nel caso di Chiara Lubich, la cui figura resta tuttora avvolta in zone d’ombra: aspetti biografici poco indagati, periodi di malattia e ricoveri, conoscenze (e probabili omissioni) rispetto a casi di abuso che hanno segnato la vita del Movimento dei Focolari di cui è stata presidente e guida sino alla morte.

Non si tratta di gettare ombre, ma di fare luce — quel lavoro di verifica, contestualizzazione e confronto delle fonti che costituisce la sola base seria per qualsiasi proposta di modello culturale, figurarsi poi spirituale. La “chiarezza” necessaria, non è un atto di sfiducia, ma di fedeltà alla verità storica.

A tal proposito, sarebbe onesto da parte della governance focolarina e di padre Fabio Ciardi come agiografo focolarino ammettere pubblicamente che alcuni scritti di Chiara Lubich non sono ancora stati resi disponibili al pubblico e non possono esserlo. Dovrebbero poi spiegarci perché. Dalle mie ricerche inoltre mi risulta che nel diritto canonico, gli scritti di un Servo di Dio (come nel caso della Lubich) devono essere sottoposti a censura teologica preventiva, obbligatoria per quelli editi e “consigliata” per gli inediti (che comunque si ha obbligo di raccogliere tutti): due censori teologi devono verificare se "esistono in tali scritti cose contrarie alla fede e ai buoni costumi". Che è proprio quanto vorrei “chiarire”. Infatti alcuni ex membri del movimento dei focolari, come il sottoscritto, possiedono copie di alcuni di questi testi, materiali di meditazione usati nelle comunità dei focolari per decenni. Si tratta di testi in cui Chiara Lubich si espone in maniera più diretta e con meno filtri, proponendo riflessioni spirituali decisamente poco ortodosse, con evidenti problemi dogmatici e molto distanti dalla percezione che al di là della cerchia ristretta dei focolari si ha della sua figura. Mi riferisco al testo del famoso “paradiso del ‘49” ma non solo.

Ma immagino che il tribunale diocesano abbia effettivamente acquisito e trasmesso al Dicastero delle Cause dei Santi tutta la documentazione rilevante sugli scritti inediti di Chiara Lubich. Anche perché se non lo avesse fatto, la carenza procedurale costituirebbe una violazione dell'articolo 69 della “Sanctorum Mater” 
e potrebbe esporre la causa a contestazioni sulla validità dell'istruttoria.

Comunque, proporre oggi un modello di vita basato su una narrativa parziale rischia di trasformare un’eredità complessa in un’immagine semplificata e idealizzata riducendola al solo suo culto peraltro prematuro come vedremo. Solo con una ricerca indipendente, interdisciplinare e trasparente — che includa la pubblicazione di fonti ancora inedite, l’analisi critica delle dinamiche interne del Movimento e la documentazione dei casi di abuso riconosciuti (con eventuale verifica delle responsabilità nella catena di governo fin su alla Lubich stessa) — si potrà parlare di modello davvero edificante.

Nessuno nega che Chiara Lubich abbia influenzato la spiritualità del Novecento ma proporla come modello di vita senza prima affrontare anche le ombre della sua vicenda personale e istituzionale rischia di produrre una nuova forma di mitologia o continuare ad alimentare quella ingombrante già in corso, più che un contributo alla cultura del discernimento. Quindi padre Fabio, non è peccato cercare di edificare, lo si rischia però, se per edificare si deve omettere.

Ma fin qui le mie personali considerazioni, condivisibili o meno. Ho voluto comunque vederci un po’ più “chiaro” in questa vicenda e cercare di capire se la domanda di padre Fabio Ciardi si possa vagliare con l'ausilio delle regole precise della Chiesa Cattolica in materia di santità. Vediamole nel dettaglio.

Per iniziare mi sembra innanzitutto necessario precisare lo status giuridico canonico della Serva di Dio Chiara Lubich. La causa di beatificazione è stata aperta ufficialmente il 27 gennaio 2015 dal Vescovo di Frascati, Monsignor Raffaello Martinelli. La fase diocesana (istruttoria) si è conclusa il 10 novembre 2019 a Frascati, con la chiusura solenne del tribunale diocesano. La documentazione è stata quindi trasmessa alla Congregazione (oggi Dicastero) delle Cause dei Santi per la fase romana.​ La causa è pertanto in fase romana avanzata, ma non ha ancora raggiunto il decreto di venerabilità (riconoscimento delle virtù eroiche). Chiara Lubich rimane quindi per ora formalmente solo una Serva di Dio in attesa di riconoscimento canonico.​

Ora padre Fabio Ciardi dichiara esplicitamente di aver composto un'agiografia. Qui iniziano i problemi. Nel diritto canonico infatti, l'agiografia è un genere letterario lecito, ma sottoposto a stringenti limitazioni quando riguarda un Servo di Dio in corso di causa. Padre Fabio stesso riconosce che il termine "agiografia" è "bollato nel senso deteriore del termine", il che mostra consapevolezza della tensione normativa.

Padre Fabio sostiene che la sua agiografia sia "tuttavia un po' diversa" perché costituita da "scritti e conversazioni" di Chiara stessa, creando una sorta di "autobiografia". Afferma inoltre che non elimina "l'indagine storica e della lettura critica". La dichiarazione di intenti è quindi corretta dal punto di vista teorico. Un'agiografia che si fondi su materiale documentario (lettere, diari, appunti, interviste) e che mantenga rigore storico-critico non è di per sé illecita. Tuttavia, il rischio di scivolamento verso l'agiografia deteriore quindi celebrativa, edificatoria e senza controllo critico, rimane significativo. ​E questo proprio perché padre Fabio è gravato dal bias di appartenenza al movimento dei focolari, non ha quindi la giusta distanza critica che permetterebbe una maggiore obiettività. Infatti padre Fabio ingenuamente, come abbiamo visto, è tormentato dal dubbio:

"È un peccato fare opera di edificazione e proporre un modello di vita? La proclamazione di una santità canonica non avviene proprio per proporre un modello? Altrimenti che santo sarebbe?"

Questa argomentazione contiene una mescolanza concettuale pericolosa dal punto di vista canonico. Siamo in presenza infatti di una grave confusione tra beatificazione e devozione privata anticipata. Padre Fabio argomenta che, dal momento che la Chiesa proclama santi "per proporre un modello", allora è lecito, ante litteram, scrivere un'agiografia che propone Chiara Lubich come modello. Questo è canonicamente scorretto. La legge canonica è limpida: una persona rimane un Servo di Dio fino a quando non sia dichiarata Venerabile (riconoscimento delle virtù eroiche), Beata (dopo il primo miracolo), o Santa (dopo il secondo miracolo). Prima di questi riconoscimenti, non è lecito presentarla pubblicamente come modello di santità, per quanto eroiche possano essere state le sue virtù.​ La devozione privata ha carattere preliminare e ancillare; non anticipa la proclamazione, ma prepara il terreno affinché la Chiesa proceda a verificare se la santità sia reale.​

Padre fabio Ciardi sembra scusarsi in anticipo quando afferma che:

"La mia 'agiografia' è tuttavia un po' diversa. Ho avuto l'intento (la pretesa?) di lasciare che fosse Chiara stessa a scrivere addirittura una propria 'autobiografia'."

L'uso del termine "agiografia" per un Servo di Dio in corso di causa è già problematico. (cfr. Sanctorum Mater, art. 29, art. 66-69; Decreti Urbano VIII, 1625) L'agiografia, nel senso tecnico ecclesiastico, è la narrazione della vita di un santo già riconosciuto, non di un candidato alla beatificazione. Applicarla a Chiara Lubich, ancorché in forma edulcorata e critica, comporta il rischio di presentarla implicitamente come già "santa".​ Ma padre Fabio non si ferma qui e afferma che:

"Scrivere col cuore non vuol dire andare avanti alla cieca, tra pregiudizio e ignoranza. Può essere una risorsa in più per giungere al cuore del santo."

L'espressione "il cuore del santo" è canonicamente illecita. Chiara Lubich non è ancora santa; è una Serva di Dio. Questa affermazione di padre Fabio costituisce una affermazione implicita di santità, che non le compete almeno finché la Chiesa non lo dichiari ufficialmente.​

Padre Fabio Ciardi inoltre annuncia che il libro "appare in libreria in questi giorni (domenica la presentazione a Roma)". Questo indica una pubblicazione ad ampia diffusione, non circolazione ristretta. Le norme canoniche consentono le pubblicazioni su un Servo di Dio, ma con limiti sulla distribuzione: la pubblicazione deve essere ristretta, documentaria, e non deve costituire un culto pubblico diffuso. Una "presentazione a Roma" in libreria rappresenta una forma di promozione pubblica sistematica che travalica i confini della devozione privata.​

Quindi riassumendo, nelle affermazioni di padre Fabio Ciardi vi sono seri problemi:
  • Uso del termine "agiografia" per un Servo di Dio non ancora beatificato: l'agiografia è il genere letterario della vita dei santi già riconosciuti dalla Chiesa, non dei candidati alla canonizzazione. Applicarla a Chiara Lubich, pur nella forma "critica", comporta l'implicito riconoscimento di una santità non ancora decretata.​
  • Presentazione come "modello" ante litteram: l'affermazione che la pubblicazione "propone un modello di vita" anticipa il ruolo della beatificazione (proporre un modello alla Chiesa universale) in modo canonicamente scorretto. Fino al decreto di venerabilità, la presentazione di Chiara come modello rimane prematura e illecita.​
  • Uso dell'espressione "il cuore del santo": questa locuzione è canonicamente illecita. Chiara Lubich non è ancora santa; usare la qualifica di "santo" per una Serva di Dio costituisce una violazione esplicita dei Decreti di Urbano VIII e delle norme della Sanctorum Mater.​
  • Pubblicazione con diffusione pubblica sistematica: una presentazione a Roma in libreria, destinata a circolazione pubblica ampia, va oltre i confini della devozione privata ammessa. La pubblicazione dovrebbe essere ristretta a circoli interni al Movimento, non promossa pubblicamente a livello nazionale.​
  • Confusione tra intenti edificatori e verificazione canoniche: l'argomento "se la Chiesa proclama santi per proporre modelli, allora è lecito proporre Chiara come modello" confonde il fine della canonizzazione (proposta di santità verificata) con il mezzo (agiografia preparatoria). La canonizzazione non è il presupposto dell'agiografia; è il culmine di una verifica rigorosa.​
Ora mi chiedo se questa ennesima pubblicazione agiografica su Chiara Lubich sia stata presentata alla Postulazione della causa o sottoposta, secondo la migliore prassi, al Dicastero delle Cause dei Santi per valutazione e conformità alle norme canoniche che prevedono massima prudenza. La pubblicazione di scritti agiografici, soprattutto durante una causa aperta, può essere oggetto di attenzione da parte del Dicastero se si configura come pubblicità eccessiva, promozione impropria o anticipazione del giudizio canonico. Se ciò non è avvenuto, sarebbe grave e non gioverà alla causa.**

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Photo by Shelagh Murphy 

*Dal blog di padre Fabio Ciardi - venerdì 3 ottobre 2025
"Confesso il peccato: ho scritto un’agiografia"

"Confesso il peccato: ho scritto un’agiografia che appare in libreria in questi giorni (domenica la presentazione a Roma). Un'agiografia! È un genere letterario con una sua lunga e gloriosa storia nella letteratura della Chiesa. È semplicemente la narrazione della vita di un santo «dominata e caratterizzata da intenti di edificazione – come sentenzia la Treccani – ma influenzata anche con sviluppi che ne hanno fatto una vera scienza criticamente fondata». È un peccato fare opera di edificazione e proporre un modello di vita? La proclamazione di una santità canonica non avviene proprio per proporre un modello? Altrimenti che santo sarebbe? Ma quell’intento “edificatorio” (“costruire”, quando uno ci riesce, mi sembra un pregio) agli occhi di tanti fa scadere l’agiografia a racconto di bassa lega, senza consistenza storica, un feuilleton, un encomio che edulcora la realtà ed elimina le ombre. O non sono proprio le prove, le tentazioni, gli sbagli, i difetti a costituire il terreno più propizio per far crescere la pianta della santità? E poi chi l’ha detto che la presentazione di un modello richieda necessariamente l’eliminazione dell’indagine storica e della lettura critica? Nel mio caso l’agiografia non è di una santa “canonica”, si tratta di Chiara Lubich, dichiarata semplicemente “serva di Dio”. Gli scritti su di lei sono spesso bollati come agiografie (nel senso deteriore del termine), ignorando i numerosi studi rigorosamente scientifici. La mia “agiografia” è tuttavia un po’ diversa. Ho avuto l’intento (la pretesa?) di lasciare che fosse Chiara stessa a scrivere addirittura una propria “autobiografia”. Lei non l’ha mai scritta, ma ha lasciato appunti, diari, lettere, interviste… Raccogliendo scritti e conversazioni può davvero emergere una ricca autobiografia. Sono oggettive le autobiografie? Mai! Sono la rilettura soggettiva del proprio cammino, una selezione tra i molti momenti e sentimenti vissuti. Eppure non sono meno vere, perché sanno cogliere il filo d’oro di una vita, la realizzazione di un progetto. Possono essere sincere, come sono gli scritti di Chiara. Anch’io ho dovuto scegliere… con sincerità. L’ho intitolata “Lacrime e stelle”, come lei stessa mi aveva suggerito tanti anni fa. Due parole di estrema concretezza, che eludono sdolcinature caramellose e miracoli a buon mercato. Lacrime e stelle, a dire d’una vita dura e drammatica eppure piena di luce e di passione. “Scrivi una biografia col cuore”, mi era stato chiesto. Roba dell’altro mondo! Eppure forse aveva ragione il buon Pascal quando diceva che «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce». Scrivere col cuore non vuol dire andare avanti alla cieca, tra pregiudizio e ignoranza. Può essere una risorsa in più per giungere al cuore del santo."

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Nel caso si ritenesse che nella pubblicazione di padre Fabio Ciardi "Lacrime e Stelle" vi siano elementi di non conformità canonica, il diritto canonico prevede che chiunque abbia interesse legittimo possa presentare formale segnalazione (remonstratio) al Dicastero delle Cause dei Santi, allegando copia dei documenti (il testo del post di padre Fabio) e dei riferimenti normativi potenzialmente rilevanti:
- Probabile violazione dell'art. 29 della Sanctorum Mater (limitazioni alla pubblicazione di agiografie durante la causa)
- Probabile violazione dell'art. 5 (mancata considerazione di elementi rilevanti per la venerabilità)
- Probabile violazione dei Decreti di Urbano VIII sul "divieto di culto improprio"

Sarà compito esclusivo del Dicastero valutare e, se lo riterrà opportuno, intervenire per assicurare la piena conformità alla normativa vigente.

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