Igino Giordani - una rilettura dei “primi tempi” focolarini - 04

Igino Giordani e Chiara Lubich

“Non troverai mai la verità,
se non sei disposto
ad accettare anche ciò
che non ti aspettavi di trovare.”
Eraclito

Chiara Lubich una volta disse: "...chi volesse capire bene l'Ideale (il suo pensiero n.d.r.) deve conoscere bene la storia dell'Ideale". Vorremmo raccontarvi un po' di questa storia, che, immaginiamo, un buon 90% degli adepti del movimento dei focolari ignora.


Chi facesse visita alla cappella del centro internazionale del movimento dei focolari a Grottaferrata, noterà che la fondatrice Chiara Lubich è sepolta insieme a due dei co-fondatori ufficiali(1), don Pasquale Foresi, meglio noto come Chiaretto, e Igino Giordani. (vedi link) Se la vicinanza del sacerdote Pasquale Foresi si può capire, quella del Giordani, che era sposato, meno. Come mai non è sepolto piuttosto insieme a sua moglie? È una domanda semplicissima e legittima, certamente un po’ scomoda per i focolarini. Proveremo a cercare qualche risposta. Ma le domande non finirebbero qua se si considera che il movimento dei focolari, per come lo conosciamo oggi, senza l’apporto di Giordani, ben inserito (grazie alla moglie) nella società bene della Roma di allora, senza le sue conoscenze, sopratutto in Vaticano, la sua protezione politica (era deputato della DC e amico di De Gasperi) non sarebbe lo stesso. Inoltre tutto l'impianto ideologico su cui si basano le strutture e il credo focolarino si fonda sulle presunte visioni che Chiara Lubich ebbe nell’estate del 1949 di cui, per corrispondenza, teneva informato Giordani, al quale si rivolgeva con l'appellativo “anima mia”. (2) Queste visioni, per taluni piuttosto deliri, non sarebbero arrivate sino a noi senza che Giordani, eludendo l'ordine sapiente di distruggerli, impartito dalla Chiesa, li avesse preservati. (vedi link)   


"Il buio sconfitto"


Così, poco tempo fa in redazione ci è arrivata la segnalazione di questa pubblicazione: "Il Buio sconfitto - Cinque relazioni speciali tra eros e amicizia spirituale"(3). Relativamente recente, del 2014, questa raccolta di storie contempla tra le altre anche quella travagliata di Igino Giordani, sua moglie Mya Salvati, Madre Oliva Bonaldo e Chiara Lubich. 


Il buio sconfitto


Giordani è conosciuto al nostro pubblico come co-fondatore del movimento dei focolari. Meglio noto come "Foco" nome nuovo datogli dalla Lubich. È un personaggio chiave nell’intricato sviluppo della storia focolarina e ha giocato una parte rilevante nella costruzione del culto della trentina cui volle legarsi.


Capita quindi a fagiolo questa pubblicazione, sopratutto perché tanti di noi non hanno mai davvero capito sino in fondo la figura e il ruolo di Igino Giordani nella storia del movimento dei focolari, e tanto meno il suo rapporto con Chiara Lubich, anzichennò stranetto per un uomo già sposato e decisamente più anziano di lei. Le nuove generazioni oggi lo vedrebbero di sicuro come “cringe”.

 

Ma proprio come quasi sembra suggerire l'inquietante immagine scelta per la copertina del libro(4), per capire bene il rapporto che intercorse tra Giordani e Chiara, è necessario indagare bene quello doloroso e complesso con sua moglie Mya Salvati. 


Perché anche nel caso di questa vicenda, l'agiografia focolarina, ha sempre sapientemente trascurato alcuni particolari importanti e taciuto alcune problematiche serie. Insomma, focolarini anche questa volta non ce l'avete raccontata tutta!


Igino Giordani si è impresso nel nostro immaginario come un vecchietto fragile e simpatico, più che altro innocuo. Ma la realtà è ben più complessa e l'emergere di sempre nuovi documenti, come questa pubblicazione, ci permette di ricostruirla e proporre una versione meno agiografica, offrendo qualche spunto di riflessione in più. La versione focolarina, stando all’agiografia ufficiale, suona pressappoco così:


“Igino nel 1920 si sposa con Mya Salvati, donna intelligente e piena di talenti artistici, e la loro famiglia si arricchisce di quattro figli: Mario, Sergio, Brando e Bonizza. … Insieme vivono gli anni convulsi, e a volte difficili, del Ventesimo secolo. La famiglia cresce, forte e rigogliosa, anche se ogni tanto è afflitta da problemi di salute. Igino presenta spesso il riacutizzarsi delle sue ferite di guerra, anche la salute di Mya nel corso degli anni viene sempre più frequentemente messa alla prova. …. La serenità di Mya spesso è messa a dura prova, e Igino instancabilmente è vicino a lei e, insieme, traghettano la famiglia verso la piena maturazione. «Quando la famiglia è contemplata con gli occhi della fede, il suo mistero appare congiunto con tutto il mistero della creazione, dove Dio è Padre e gli uomini sono suoi figli. Per designare questo, che è il rapporto più grande, non si è trovato un’immagine più precisa e pura che quella di famiglia».(5) L’idea che Igino ha della famiglia è una fra le più sublimi che siano mai state elaborate. Per lui, la famiglia è una società sacra, la fonte di trasmissione del divino nel convivere umano.(vedi link)


Questa ricostruzione fa un po’ acqua da tutte le parti e lo dimostreremo con gli elementi tratti proprio da “Il buio sconfitto”. Alcune affermazioni sono però davvero disoneste: “La serenità di Mya spesso è messa a dura prova, e Igino instancabilmente è vicino a lei e, insieme, traghettano la famiglia verso la piena maturazione.” Stando alla ricostruzione della Di Nicola e di Danese verrebbero dei dubbi seri. Dubbi che avevamo già noi ragazzetti imberbi quando credevamo alla storiella che Giordani per recarsi ad una conferenza a Barcellona faceva il giro largo passando da Trento per visitare la Lubich. E tutti ci chiedevamo: “...e la moglie e i figli?”. 


Poi questa: “L’idea che Igino ha della famiglia è una fra le più sublimi che siano mai state elaborate. Per lui, la famiglia è una società sacra, la fonte di trasmissione del divino nel convivere umano.” Siamo sinceri, e senza timore di smentita, possiamo ribattere che invece per Giordani la fonte del divino era Chiara Lubich e il focolare, altro che famiglia. E proprio in questo che sta il vero problema: come conciliare il sacramento del matrimonio con la consacrazione in focolare?


Gli autori di "Il Buio sconfitto" sono marito e moglie: Giulia Paola Di Nicola, saggista, sociologa, ha fondato con Attilio Danese, docente di Filosofia Politica all’Unidav di Chieti, il Centro Ricerche Personaliste e la rivista «Prospettiva Persona». Immaginiamo siano entrambi in qualche modo vicini al movimento dei focolari. La loro versione della storia di Igino e della moglie Mya ci sembra, tutto sommato, accurata ed equilibrata. Il finale è forse un po' troppo romanzato e forzato, ma nell'insieme, la loro è una ricostruzione verosimile. Che salva comunque Igino Giordani, dalla cui parte sembrano, almeno in parte, pendere i due autori: evidentemente non sarebbe potuto essere altrimenti o sarebbe stato chiedergli troppo. Gioca un ruolo importante il bias che deriva probabilmente dall'appartenenza ai focolari e le due cause di beatificazione in corso, quella del Giordani e quella della Lubich ecc...


Riporteremo alcuni passaggi di questa storia che ci sembrano emblematici e rivelatori per la storia dei primi tempi focolarini e la nascita del culto di Chiara Lubich che è da ascrivere proprio a Igino Giordani, come vedremo. In questa sede non ci interessa proporre un'analisi sociologica e politica della figura del Giordani. È un compito che deleghiamo volentieri ad altri. Vorremo piuttosto porre l'accento sugli aspetti biografici di cui la maggior parte di noi erano all'oscuro e che contribuiscono a farsi un'idea meno infantile e fiabesca rispetto alla narrazione ufficiale in auge nel movimento dei focolari.


Iniziamo. Mettetevi comodi e armatevi di pazienza. Questo post sarà più lungo dei suoi precedenti e ci sarà da leggere. (In blu le parti citate da "Il buio sconfitto".)


Nel caso della coppia Mya-Igino si può dire che entrambi hanno pagato il prezzo di una cultura condizionata da stereotipi e modelli sociali oggi tramontati. All'epoca, negli ambienti borghesi, si dava per scontato che una donna facesse anzitutto e a tutti i costi la moglie e la madre. Mya lo ha fatto generosamente e senza badare alle rinunce, ma ha anche pagato in termini di frustrazione, depressione, disagio della psiche. (Pag 169)

Questo accenno alla psiche, che più volte ritornerà in questa ricostruzione dei fatti, a danno di Mya Salvati, è un sottile tentativo di “gaslighting” (vedi link) da parte degli autori, del movimento e probabilmente, a suo tempo, del Giordani stesso; con la sensibilità che abbiamo oggi è facilmente smascherabile.


Non è certo la sola donna che, sposata nella giovinezza, quando era bella e promettente, la si ritrova nell'età matura affettivamente instabile, talvolta rivendicativa e possessiva, comunque incapace di dare agli eventi la giusta proporzione. Igino, a suo modo, ha dato tutto ciò che poteva a Mya, ma non era portato per la vita concreta che delegava a lei completamente, impegnandosi ad offrire un adeguato tenore di vita alla famiglia e quindi a lavorare sodo. Nello stesso tempo era interiormente sollecitato da una forte sensibilità umana e religiosa che lo attirava in una corrente di spiritualità, cui non sapeva e non voleva resistere. Seguì le sue inclinazioni e la sua vocazione, con o senza Mya. (Pag 169-170)


Dicono bene i due autori: "...con o senza Mya". È la polaroid nitida del matrimonio in cui si inserirono come corpo estraneo dapprima Madre Oliva e poi Chiara Lubich sino al punto da portare Mya Salvati all’esasperazione. E questo spiega anche come mai la povera Mya fosse "instabile, talvolta rivendicativa e possessiva, comunque incapace di dare agli eventi la giusta proporzione." Chi non lo sarebbe stato al suo posto?


La mamma


Un aspetto molto importante in questa vicenda lo ricopre il rapporto del Giordani con sua madre, figura idealizzata che influenzerà la relazione che avrà con le altre donne nella sua vita. Così la ricorda nel diario del 1941: 
«Non trovo in che differisse da una suora, al momento che tutta la giornata, e parte della notte, tutte le azioni le compiva in vista di Dio, in unione con Dio, immersa nella propria umiltà come in un'atmosfera di disponibilità divina. Lavorava senza mai lagnarsi, ed era un lavoro senza pause. Non sapeva né leggere né scrivere, quindi la sua interiorità era fatta solo di meditazione e di preghiera» ...  «Io non posso pensare a mia madre senza risalire al pensiero della madre di Cristo...» (Pag 173)

Questo accostare la figura materna a quella della Madonna è essenziale per capire meglio più tardi il rapporto di Igino Giordani prima con Madre Oliva e poi con Chiara Lubich, e di conseguenza tutti i tranfers che si attivarono fra di loro. 


Nell'articolo «La vergine e l'Agnello svenato» Giordani presenta una sequenza di donne dell'antico testamento - viste come «prefigurazioni» «ricordanze vive di Maria e suoi riflessi» (Agnese, Caterina, Gemma), e si sofferma su santa Caterina, considerata la «Vicaria di Maria» e anche «la più grande donna dell'umanità». (Pag 174)


Proprio l'attributo "vicaria di Maria" sarà poi proiettato dal Giordani anche sulla Lubich, e questa credenza, diffusa tra le fila degli adepti del movimento dei focolari, è sempre stata un patrimonio condiviso, zoccolo duro del culto della personalità della trentina che, portato al parossismo, creò non pochi imbarazzi, a quei tempi come ancora oggi. (vedi link)


La venerazione per la madre ci aiuta a comprendere la spontanea reverenza che Igino costantemente nutre nei confronti delle donne in generale - ma scriverà più tardi, né «mascolinizzate», né (neologismo) «infemminite» - che godono ai suoi occhi di un credito apriori, che si tratti di ragazze incontrate casualmente, della moglie, della figlioletta Bonizza, di Madre Oliva, fondatrice delle Figlie della Chiesa, di Chiara Lubich, delle focolarine.


La donna gli appare madre per vocazione sin da bambina: «Bambine irrequiete, messe assieme come fiori diversi, brune, bionde, placide, nervose, in cui già si antivede la donna, la madre che sarà mite o vivace o irascibile». Ogni volto femminile gli richiama le virtù materne e suscita una spontanea riconoscenza, un'evocazione religiosa. Viene spontaneamente soggiogato da «donne che la pietà cristiana ha reso care, fanciulle dal fascino arcangelico come Caterina da Siena, che flettevano all'impero della loro verginità generazioni di giovani e di vecchi, uomini e donne»....


Il figlio Sergio ha precisato: «Certamente la vita ha messo mio padre di fronte a situazioni drammatiche nelle quali..., è stata una donna a determinare la sconfitta del male. Sua madre indubbiamente, apre la lista delle donne della sua vita con la sua educazione rigorosa, con il suo amore continuo e intenso. Chissà, forse papà era convinto - femminista ante litteram - della maggiore capacità delle donne di amare e soffrire». Elenca poi le donne benefattrici della vita del padre: oltre a Madre Oliva Bonaldo e Chiara Lubich, resterà vivo il ricordo di suor Giuseppina, per il conforto ricevuto durante la permanenza all'ospedale militare. (Pag 174-175)


Interessante l'uso dell'aggettivo "soggiogato" che ben descrive il rapporto di Giordani con Madre Oliva prima e Chiara Lubich dopo e poi il fatto che pure il figlio Sergio in questo elenco di donne benefattrici non includa sua madre Mya.



La moglie Mya Salvati


Nella storia che cerchiamo di ricostruire la protagonista meno conosciuta però è proprio Mya Salvati. Si merita quindi alcune righe di introduzione che le rendano giustizia e la liberino da quella definizione stretta e troppo semplicistica in auge nel mondo focolarino: “poverina era malata…”. 


Mya era la quarta di sei figli dell’avvocato e proprietario terriero Domenico Salvati.


Igino Giordani e Mya Salvati

Igino è incantato dalla bellezza, dall'eleganza, dalla sorprendente dote canora, dal carattere brillante di Mya: un'irruzione di vitalità e una promessa di felicità che lo convocano irresistibilmente: «La mia fidanzata era una giovane deliziosa, tutta gioia, innamorata della musica, esplosiva di vitalità, dalla voce di soprano leggero bellissima».


Nessuno può dire se su Igino influisca, inconsciamente, anche il fascino di un ambiente sociale più elevato, che annuncia un futuro migliore, aspetti da non sottovalutare, come del resto attestano le storie d'amore, in cui l'aspetto socio-economico ha un ruolo incisivo, sebbene non decisivo. (Pag 195)


Interessante questa riflessione degli autori che ipotizzano anche il richiamo del fascino di un ambiente sociale più elevato come uno dei motivi dell'infatuazione di Giordani per la sua futura moglie che certamente ha contribuito non poco alla sua carriera e ascesa politica.  

Mya …non è donna da poter fare a vita la casalinga e ricevere le amiche nei salotti. Culla progetti più grandi di lei che le danno la percezione di contribuire a cambiare il mondo. … Nel corso degli anni si coinvolge in molteplici attività che spaziano dal campo dell'associazionismo all'assistenza, dall'editoria alla politica: presenta la domanda per un brevetto (ottenuto in data 10 dicembre 1953 col numero 47376) per modello industriale relativo a una copertina per pubblicazioni musicali, con tasca per dischi fonografici, s'impegna in un piano di export di travertino nel mercato degli Stati Uniti, organizza il "Club delle massaie", capace di sorvegliare i prezzi e orientare il mercato con i propri acquisti e "Femmes contre la querre", si dedica all' "Unione Famiglie Numerose", nella quale sia lei che Igino rientrano di diritto, a "Mamme unite" (di cui è presidente), a "Cittadini del mondo", mantenendo una fitta corrispondenza anche con numerosi Capi di Stato. Propone che ad ogni cittadino sia corrisposta una assicurazione sociale che consenta l'indipendenza necessaria nella vecchiaia in un albergo nel quale venga «servito di tutto punto anche se dovesse cadere ammalato». Apre la sua casa per attività culturali e artistiche nonché per gli "incontri mondialisti", alternativa alla eventuale terza guerra mondiale. Progetta insieme a Max Newmann l'"Accademia musicale internazionale". I suoi alti ideali hanno spesso il sapore di ireniche illusioni, come nella "Crociata d'amore delle donne italiane ideata dalla S.ra Mya Salvati Giordani" nella quale, rivolgendosi a tutte le donne d'Italia, le sollecita a operare per «un graduale miglioramento economico generale» e per una «perfetta e totalitaria unione di spiriti». La sua innata sensibilità verso quanti chiedono aiuto, il suo estro, la sua posizione sociale, la capacità organizzativa, le attirano incarichi di responsabilità negli ambienti romani. Riceve Premi e riconoscimenti, tra cui il «Colosseo d'oro 1970». … Riesce a cantare per la Società Anonima Unione Radiofonica Italiana diverse volte, dal 1925 al 1929 e persino a fondare una casa editrice musicale "Edizioni Musicali L'Ora Mya", estendendo la propria attività nel campo artistico. S'impegna anche ad aiutare compositori e artisti privi di mezzi, invitandoli ad inviare le loro produzioni, affidando poi al maestro Murolo la correzione e armonizzazione delle musiche di coloro che inviavano la sola melodia, promettendo di incidere tali composizioni a Roma e di inviarle poi alla Radio. (Pag 208-210)

Anche se gli autori si lasciano sfuggire il commento poco rispettoso "culla progetti più grandi di lei" (cosa dovremmo dire allora della Lubich, che voleva il mondo unito?), da questo resoconto si capisce molto bene che Mya Salvati era una donna molto brillante, ricca di tanti interessi e talenti, oltre che colta e molto elegante. La molteplicità di progetti e azioni da lei promosse e in cui era coinvolta la accomunano molto, a pensarci, persino alla frenesia della Lubich il cui "Ideale" sì, ha davvero il sapore di irenica illusione. Non conoscevamo questi aspetti biografici della signora Salvati e scoprirli ci ha subito fatto sorgere la domanda: "possibile che al Giordani una moglie così non bastasse e avanzasse? Sembravano fatti l'uno per l'altra, come mai invece Giordani per sentirsi realizzato si rivolge altrove e andrà dietro ad altre due donne, prima Madre Oliva Bonaldo e poi Chiara Lubich?"

Nel primo periodo di vita matrimoniale la gioia e la complicità sono indiscussi. Mya condivide gli impegni del marito e favorisce i suoi contatti con politici, uomini di cultura, religiosi. L’amore reciproco va al di là della distanza tra le famiglie, con la relativa prevalenza dei Salvati… All’emotività di Mya fa da contrappeso la calma talvolta irritante di lui. … I diversi modelli educativi si evidenziano nell’insistenza con cui Mya incalza i figli perché si applichino allo studio della musica… Igino è più accondiscendente… Le differenti modalità educative danno luogo a scaramucce genitoriali, ma non costituiscono un serio attacco all’unità della coppia. Igino insiste soprattutto nell’apprezzamento della maternità della moglie… la esalta come madre più che come compagna. (Pag 220-223)


Questo dettaglio che riporta come Giordani parlasse della moglie più come madre dei suoi figli che come sposa e compagna ci ha colpiti. Da tenere in conto nell'evolversi di questa storia.


Madre Oliva


Ciò che più che altro può aver inciso sull’unità degli sposi è il diverso rapporto… con la spiritualità che scava una distanza sempre più evidente tra le due anime. …Verso la fine degli anni '30, quando Igino ha ormai quarantaquattro anni ed è sposato da circa diciotto, conosce Madre Oliva Bonaldo(6), fondatrice delle «Figlie della Chiesa» (vedi link), che gli rende visita nell'abitazione di Monte Mario, insieme a una consorella, forse dopo aver letto un suo articolo. Ne nasce una profonda intesa.


Madre Oliva Bonaldo


Il dissenso di Mya sulla sintonia di Igino con Madre Oliva e con le sue prime giovani seguaci, alle quali egli insegna teologia, è aperto. Le suore dell'istituto, che vive un periodo difficile prima di essere riconosciuto dalla Chiesa, si formano attingendo alla dottrina di san Tommaso, san Giovanni della Croce e santa Teresa del Gesù Bambino. Igino, già noto studioso e politico, è per Madre Oliva un dono della Provvidenza: mite, colto, assetato di Dio, ben inserito negli ambienti della politica e del Vaticano, capace di riconoscere umilmente la novità del carisma di lei e di esserle mentore in Vaticano.


Già questi primi tratti configurano un paradigma che si ripeterà poi con Chiara Lubich e i focolarini. Stessi problemi iniziali e stesse modalità.


Madre Oliva riesce a leggere in quella zona franca dell'anima che Igino custodisce per Dio e che le appare preziosa per il suo Istituto e per la Chiesa. Comprende che la competenza e la spiritualità di Igino contribuiranno ad ampliare la missione dell'Istituto, a proteggerlo e nutrirlo culturalmente. Nutrito di ermeneutica biblica, di Padri e storia della Chiesa, Igino alimenta la speranza che da quel potenziale di donne consacrate possa nascere una Chiesa nuova, aperta ai laici, libera dai pesi di quella tradizione con la "t" minuscola che è ostacolo all'evangelizzazione.


Madre Oliva si capisce bene che abbia compreso come "manipolare" il fin troppo ingenuo Giordani. Cosa altro significa "leggere in quella zona franca dell'anima"?


Madre Oliva è ciò che Igino cerca: una figura femminile che può essergli madre spirituale, canale privilegiato del divino, potenziale profetico innovativo. Da sempre attraverso la vita, la voce, la "debolezza" istituzionale di una donna, Dio gli pare giungere più credibilmente e dolcemente all'anima. Ne scaturisce un'imprevista complicità spirituale, una convergenza di intenti e un reciproco arricchimento tra una vergine e uno sposato, una suora di media cultura e un politico solidamente preparato.


È esattamente lo stesso tipo di situazione che poi in seguito si verrà a creare con Chiara Lubich. Questo configura Giordani come "seriale" e fa sorgere dei dubbi seri sulla sua integrità psico-affettiva.


I due si scrivono frequentemente. Ben presto il rapporto epistolare con la Madre, trasferita dal Veneto a Roma, cede il passo al colloquio diretto. Madre Oliva lo chiama «mio figlio primogenito», «Igino della Chiesa». Gli manda suoi scritti, lo associa alla vita spirituale delle suore, gli chiede «comunichiamoci insieme, sì sempre: consumiamoci nell'unità». Percepisce in lui una speciale missione come possibile confondatore del ramo maschile (lettera del 30 luglio 1941), nel quadro prospettico di un istituto che contenga in sé suore, laici e sacerdoti. Gli raccomanda di «farsi santo per compierla».


Si tratta di elementi che poi si ripeteranno nella stesa identica modalità anche nel rapporto con Chiara Lubich.


Anche Igino le chiede con sorprendente umiltà di essere considerato «suo Figlio»: ..Mi chiedeva dunque di essermi Figlio? E perché no? Ho il dovere di esserLe Madre». La accosta ai Padri che tanto ha studiato come "Madre della Chiesa". Nel Diario inglese confida di comunicarsi pregando per Madre Oliva e chiedendo a Santa Caterina di fare della madre Oliva «una copia di sé».


L'entusiamo spirituale del Giordani è incontenibile e si lascia andare forse un po' troppo. Si capisce che le sue parole, quelle appunto di un esperto di spiritualità, patristica e teologia, abbiano per Madre Oliva un peso non indifferente. I due si rinforzano a vicenda in un gioco al rialzo poco prudente. Poi vedremo che con la Lubich Giordani arriverà al parossismo di questo modo di fare.


Madre Oliva gli fa una serie di richieste: c'è bisogno di una collaborazione di tipo editoriale, di un contributo fattivo per l'educazione delle postulanti, di una persona competente in campo socio-politico e teologico-ecclesiale per fornire alle consorelle una preparazione adeguata a tutto tondo, di qualcuno che le faccia ottenere dalle autorità ecclesiastiche preposte una certa libertà di movimento (visto che, senza il riconoscimento, è ancora subordinata al suo vecchio ordine delle Canossiane). Igino non fa fatica a soddisfare come può le richieste dalla Madre, lieto di poter fare del bene a un Istituto nascente, così vicino alla sua vocazione spirituale, al suo desiderio di laicità, di ecumenismo, di sostegno allo sviluppo di un popolo cristiano forte e unito, senza barriere tra laici e consacrati. Con Madre Oliva gli appare giunto il tempo in cui tutti possono vivere pienamente il cristianesimo in qualsiasi stato di vita.


Anche con Chiara Lubich Giordani si premurerà di difenderla e proteggerla dalle critiche che da oltre Tevere arrivano copiose.


Quando però Madre Oliva vorrebbe metterlo a capo del ramo maschile dei "Figli della Chiesa", Igino si astiene da un tipo di coinvolgimento che più tardi realizzerà in forma diversa col movimento dei focolari.


Perché Igino non aderisce alla proposta di Madre Oliva? Forse a frenare lo slancio è Mya, che non nasconde il suo disappunto per il tempo sottratto alla famiglia e impiegato con una suora, perseguendo un'unità, dalla quale si sente esclusa. Forse i tempi dell'anima non combaciano o forse a Igino manca la determinazione necessaria ad un tale passo. Ad ogni modo il successivo, forte legame con Chiara Lubich potrà realizzarsi anche grazie all'esperienza fatta con Madre Oliva, quasi a recuperare il filo di continuità di una chiamata di tipo vocazionale.


"Chiamata di tipo vocazionale" ci sembra un po' tirata per i cappelli. Da questi dettagli biografici di Giordani si evince piuttosto una sua tendenza, debolezza, fragilità. Un transfer materno probabilmente, comunque di certo poco equilibrio, ai danni della moglie sopratutto.


È comprensibile il disappunto di Igino per essere mal compreso dalla donna che ama, che lo ama a sua volta e gli sta dedicando la vita, ma che fraintende le sue intenzioni. Si sente impotente: vorrebbe contentarla senza abbandonare il percorso di spiritualità che gli si è aperto con Madre Oliva. … 


Beh c'è poco da fraintendere: se tu come marito investi tutte queste energie spirituali con un'altra donna, va da sé che sorgano problemi. Del resto c'è da considerare che il matrimonio è un sacramento, la via quindi che Giordani si sarebbe scelto per fare la volontà di Dio.


Igino deve scegliere tra percorsi che appaiono inconciliabili: seguire Mya tagliando il rapporto con la Madre Oliva, oppure dichiararsi figlio della Madre Oliva e accettare la lacerazione del rapporto con Mya che sa bene non potersi risolvere con coccole, doni altre forme consolatorie. … Non sappiamo se sin dall'inizio Igino confidi il suo rapporto con Madre Oliva alla moglie, che del resto può averlo catalogato tra le consuete attività assistenziali del marito, sollecito e generoso verso quanti gli si rivolgono. …


Il matrimonio regge, ma contrasti e incomprensioni si ripetono e aggravano. Igino, innamorato, rispettoso della diversa sensibilità spirituale della moglie, tende a prevenire le reazioni stizzite di Mya e giustificarle con lo stress (nel 1935 anche Igino aveva sofferto di esaurimento nervoso) e, più tardi, con la menopausa. Non le farebbe mai del male intenzionalmente, ma neanche se la sente di rinunciare, ora che l'ha trovata, alla porta che lo Spirito gli apre dinanzi. Nessuna incrinatura dell'alleanza matrimoniale, nessuna rinuncia alla vita dello spirito, ma pazienza nelle burrasche e fedeltà nel sacrificio. Mya oscilla tra periodi di relativa calma, in cui osserva quasi da lontano con finta indifferenza, momenti in cui sospetta, infastidendosi per il tempo, le energie e le risorse sottratte, altri ancora in cui affronta da par suo la questione e diviene aggressiva. Se le discussioni si infuocano, lei il più delle volte la vince e lo zittisce, giungendo anche ad umiliarlo davanti ad altri. È il suo modo di reagire alla percezione di sentirsi perdente. Si indispettisce quando lui tenta di rassicurarla, rinnovandole l'amore, spiegandole che la Madre (Madre Oliva n.d.r.) lo incoraggia a vivere bene il suo ruolo di sposo e padre, che in Dio l'amore umano non può che trovare il perfezionamento... Alle orecchie di Mya tali consolazioni suonano come la beffa di ritornelli odiosi. La realtà è un'altra: insieme potrebbero fare di più e meglio, potrebbero supportare “Mamme nel mondo”, capeggiare le associazioni per la pace, condividere i contenuti, i modi e i tempi dell'azione; in due i progetti avrebbero buone speranze di riuscire, prenderebbero slancio e smalto, mentre ora le forze si dividono e lui costruisce un mondo di "sogni" altri e altrove. (Pag 228-237)


È presumibile che Madre Oliva abbia avuto la sensibilità di capire che un matrimonio stava naufragando per colpa sua e sia ricorsa a più miti consigli; oppure questa volta la spuntò Mya Salvati che non permise al marito questo tradimento coniugale sia pure platonico e spirituale. Ma come bene hanno scritto gli autori all'inizio di questa storia, lo ripetiamo: Giordani “era interiormente sollecitato da una forte sensibilità umana e religiosa che lo attirava in una corrente di spiritualità, cui non sapeva e non voleva resistere. Seguì le sue inclinazioni e la sua vocazione, con o senza Mya. (Pag 169-170)


Tomba di madre Oliva Bonaldo

Tomba di Madre Oliva Bonaldo: "Ut omnes unum sint"
... non ricorda vagamente qualcosa?

L'incontro con Chiara

Questa occasione gli si presenterà con l’entrata in scena della trentina Chiara Lubich. Un’altra donna, un’altra manipolazione probabilmente, un ulteriore fendente mortale inflitto al già delicatissimo equilibrio matrimoniale. Altro giro di walzer a costruire un mondo di "sogni".


Chiara Lubich


Chiara Lubich sta cercando di
impiantare il movimento dei focolari a Roma. Qualcuno le suggerisce di rivolgersi all'onorevole Giordani - che già gode buona fama - come persona in grado di comprenderla e aiutarla.

«…alle prime parole avvertii una cosa nuova. C'era un timbro inusitato in quella voce: il timbro d'una convinzione profonda e sicura che nasceva da un sentimento soprannaturale. Perciò di colpo la mia curiosità si svegliò e un fuoco dentro prese a vampare. Quando, dopo mezz'ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso da un'atmosfera incantata: come in un nimbo di luce e di felicità; e avrei desiderato che quella voce continuasse…»


La forza del carisma di Chiara e la vita dei suoi primi seguaci, detti "focolarini", s'impongono come l'evento per eccellenza, accecante e imprevisto, che sollecita Igino a investire se stesso sul nascente movimento cui aderisce "senza se e senza ma", lanciandosi nell'avventura che darà corpo al suo ideale di un popolo cristiano unito, attivo, santo.” (Pag 238-239)


«In Chiara avevo trovato non una che parlava di Dio, ma una che parlava con Dio: figlia che, nell'amore, colloquiava con il Padre. Lo Spirito Santo, che nel mio bagaglio dottrinale aveva occupato un posto secondario, accordatogli più per dottrina che per convinzione (un dogma che non mi ero mai curato di capire, parendomi troppo remoto), s'era animato e di colpo era divenuto anima dell'anima mia: calore del mio amore: nesso connettivo tra me e Dio. Così, avendo trovato l'Amore, mi trovai, quasi di colpo, nel circuito della Trinità. Tutti i dogmi, tutte le nozioni uscivano dal casellario della memoria e divenivano materia viva: sangue del mio sangue... Ora capisco cosa stava succedendo. Stavo ricevendo una sorta di rivelazione - o un chiarimento di rivelazione - che mi produceva una sorta di conversione nuova, la quale, svellandomi dalla stasi in cui parevo murato, urgeva ad immettermi in un paesaggio nuovo, sconfinato, tra cielo e terra, sollecitandomi a nuovamente camminare... Era entrato il fuoco. Lo Spirito Santo, vento impetuoso, aveva spazzato via nebbie e schermi; sotto il suo soffio, l'incendio divampava... Era la vita dello Spirito, che si svolgeva nel circuito unico determinato dalla convivenza di Dio, dei fratelli e di me.» (Pag 240)


Non è un caso che una delle accuse che vennero mosse a Chiara durante le indagini del Santo Uffizio negli anni cinquanta, fosse proprio questa semplificazione dei ruoli e dei rapporti che intercorsero tra lei, Pasquale Foresi e Giordani: Il Padre (Chiara), il figlio (Chiaretto/Foresi) e lo spirito santo (Giordani/Foco). I famosi rapporti trinitari che sono l’impianto ideologico focolarino ancora in auge nel movimento.

Chiara, Chiaretto e Foco

Tra i due (Giordani e Chiara Lubich) si realizza quel feeling misterioso tra sconosciuti che divengono immediatamente spiritualmente uniti, oltrepassando il corpo, la voce, la bellezza giovane e pura di Chiara, la postura (Chiara non si presenta come una pia e sciatta “signorina” cattolica), aspetti che esaltano le parole della ragazza come fossero pronunciate da Maria stessa. (Pag 241)


Quel primo incontro è  destinato a ripetersi. Igino sente di essere amato dai focolarini, e non in quanto deputato, ma come alter Christus: «Quelle creature vedevano in me, amavano in me, Gesù…» (Pag 242) 


Giordani, ancor più che con Madre Oliva, con la Lubich perde ogni freno inibitore che lo porterà ad esprimersi con accenti talvolta imbarazzanti come in questo componimento dedicato alla giovane trentina:

«Chiara: ed il cuore ci sobbalza in seno. Chiara: ed il cielo tutto ride lieto. Dietro il tuo nome, ratto arcobaleno S'incurva a terra, ardendo, il Paracleto, O giovinetta, che al Signor le porte, disserti lieve con le dita bianche di terra ecco ci levi membra morte E ci ravvivi creature stanche. Spersa la colpa, dona ai cuori un volo, li trai con forza ad unità con Dio, quel Dio che vive, tuo ideale, solo. Tu ci rilevi col divino afflato, tu persa al mondo per totale oblio, tu sposa avvinta a un Dio abbandonato. Tu sposa al Cristo in croce Abbandonato superi i solchi delle ree fratture, vergine guida, mentre il delicato tuo tratto rende le anime più pure. Tu copia di Maria figli ricrei, li fai Gesù per ridonarli al Padre fusi in un corpo mistico ove sei maestra giovinetta, vergin madre. Noi quanti t'incontrammo in te, la via trovammo per raggiungere il Signore, te, figlia nata da Gesù e Maria. Clarificati da quel tuo sorriso, godiamo persi in te il divino Amore, o porta spalancata al Paradiso» (nota 169 pag 243)


Anche con la Lubich, come era stato nel rapporto con Madre Oliva, si ripetono gli stessi schemi e il gioco dei transfers. Giordani proietta la sua devozione mariana sulla giovane trentina e contribuisce non poco a rinforzarla nella percezione esagerata del suo ruolo. "Vicaria di Maria", "Copia di Maria", "vergin madre" ecc... Addirittura porta spalancata al Paradiso. E via così con esagerazioni e iperboli che provocano imbarazzo oltre a suscitare seri dubbi e domande importanti.  

La storia della Chiesa gli pare avere il suo apice nel carisma di Chiara… (Pag 244)

Anche da questo si capisce da dove si sia originato quel senso di superiorità che ha da sempre contraddistinto i focolarini e Chiara stessa.


Per seguire Chiara Igino fa il possibile e l'impossibile, barcamenandosi tra Mya, la famiglia e i suoi molteplici impegni... Inventa mille modi per passare per Trento anche quando la destinazione è Barcellona. Nella cerchia dei primi focolarini "popi" e focolarine "pope" si sente accolto, stimato e nutrito spiritualmente. Gode di essere utile al movimento, presentandolo a chi di dovere, sostenendolo di fronte ai denigratori, dando indicazioni concrete e preziose. Egli stesso suscita perplessità negli ambienti politici, ecclesiali e intellettuali e viene talora giudicato un visionario - «...questa esperienza mi fece un uomo nuovo, così diverso che produsse negli amici uno shock.» - ma, anche volendo, non potrebbe più staccarsi da quel filo d'oro. Prestigio sociale, successo, famiglia e qualsiasi altra cosa al mondo non hanno il potere di fargli rifiutare quella Grazia. Gli pare semplicemente di essere nato per quell'incontro.


Ecco cosa scrive il 20 luglio del 1949: «Chiara ha raggiunto vette ed ha avuto illuminazioni così profonde che la mia commozione resta vibrante: difficile era seguirla nella sua ascesa arcangelica. Uno spirito così unito a Dio non c'è forse mai stato, dopo la Vergine... Sorella mia, io vivo in una sorta di estasi. L'unità ha inserito nel mio spirito un amore nuovo per il Padre nei cieli, col bisogno di una vita unitiva costante, per cui mi pare di passare sulle vie della terra come sognando. Il corpo è qui, il cuore è altrove…» (Pag 245-246)

Il patto del '49


Nel luglio 1949 Igino va a Tonadico, paesino delle Dolomiti, dove Chiara e le prime compagne stanno trascorrendo un periodo di riposo e di preghiera. Gli pare giunto il momento di esporle quanto gli matura dentro: si è risvegliato in lui l'antico desiderio di consacrazione totale a Dio e vuole realizzarlo con i focolarini.


In questo gioca forse un ruolo il fatto che Giordani dopo aver studiato in seminario, decise di non farsi sacerdote. Il senso di colpa e forse inadeguatezza gli rimase comunque dentro e dovette farne i conti tutta la vita, a spese della moglie comunque. «Come tutti i coniugati, io partecipavo allora... di quella specie di complesso di inferiorità per cui noi laici e sopratutto noi coniugati ci ritenevamo una razza inferiore.» (pag 241)


Inizialmente Igino non si preoccupa troppo della reazione di Mya. Con Chiara come e più che con Madre Oliva, egli tocca il cielo col dito e gli pare di aver ricevuto una particolare annunciazione da parte di Dio stesso. Quando Igino parla con la moglie, quel seme di vita nuova si è già impiantato in lui. Con tutta probabilità Mya neanche sa del primo appuntamento, non meritevole di particolare considerazione, e Igino pensa a lei con l'ansia di condividere e/o con il timore di essere criticato. Forse spera di coinvolgerla oppure, viste le reazioni a Madre Oliva, rinuncia a parlargliene per evitare dissidi e preferisce conservare queste cose nel cuore, lieto di ricongiungere la sua vita con la chiamata "sacerdotale" ricevuta da ragazzo. In ogni caso gli pare impossibile che una tale spiritualità possa risultare corrosiva dell'unità coniugale, giacché non consiste altro che nell'amare l'Amore.

...l matrimonio gli appare sufficientemente consolidato e confida che la fede di Mya non solo non lo metterà in crisi ma anche finirà con l'associarsi al suo cammino di Grazia. Il suo compito è conciliare due piani diversi di realtà: la vita affettiva ordinaria con Mya, con la famiglia, con gli amici, e la vita straordinaria che gli spalanca pertugi di cielo e lo trasporta altrove; il sacramento indissolubile e l'anticipo di paradiso nella vita di focolare. Nessuno dei due mondi può chiedere la rinuncia all'altro. … Igino è senza difese rispetto al fiotto di Grazie che gli piovono addosso e provocano una sorta di ubriacatura, comune ai neofiti. (Pag 246-247)

Foco

Igino-Mimì è ormai “Foco”, il nome nuovo datogli da Chiara. (Pag 248)


Anche da questo piccolo e sulle prime insignificante dettaglio biografico si capisce che Chiara Lubich si sia spinta davvero troppo in fondo al matrimonio del Giordani, arrivando a vette di intimità davvero imbarazzanti. Come abbiamo già fatto notare, la giovane trentina si rivolgeva al Giordani con l'appellativo "anima mia"(1), non solo quindi si limita a cambiargli il nome, ma gli consente una vicinanza e una intimità esagerate. 

Agli occhi di Mya, il movimento le "ruba" Igino, già a lungo lontano a Nuoro, negli USA, nei palazzi della politica, in giro per il mondo ed ora lontano non solo fisicamente ma soprattutto nell'anima rivolta all'unità col suo focolare. Aveva accettato di buon grado la lontananza fisica ma questa le era insopportabile. Poteva mettersi da parte come donna e moglie, in conformità ai modelli culturali del tempo, per dare priorità alla carriera e agli interessi culturali del marito, ma come sopportare la sua scelta di unità con una consacrata piuttosto che con la moglie?


Mya è orgogliosa del ruolo politico di primo piano del marito, il cui successo compensa in parte le assenze da casa. Ha imparato che il matrimonio può reggere oltre le diverse sensibilità, ma ora deve distaccarsi dall'anima di Igino che abita altrove. Mya, che ha già sopportato la relazione con Madre Oliva, vede profilarsi scenari peggiori e non accetta di essere sola a combattere con le infinite richieste dei bimbi, le malattie, le assurdità delle istituzioni, gli sgambetti degli avversari politici.


Si sente impotente: come può contrastare l'invadenza di Dio, o piuttosto di quel Dio così esigente di Chiara nell'anima di Igino? Non dovrebbe essere lo stesso Dio che ha benedetto le nozze, che vuole unita la famiglia? Nella testa di Mya una folla di domande si accavallano senza trovare risposte soddisfacenti. Il suo comportamento discontinuo e talvolta a dir poco ingeneroso nei confronti di Igino non è che la conseguenza, aggravata forse dalle condizioni fisiche, dell'impossibilità di gestire una relazione coniugale che non controlla più.


Mya aveva l'impressione che Igino non fosse tutto per lei. Con la sua intelligenza acuta e la sua sensibilità raffinata intuisce qualche silenzio o bugia "a fin di bene", per sfuggire alla gelosia della moglie..., rifiuta lo sguardo che considera paternalista, "rassegnato" e prende ad odiare ancor più certi sorrisi, certi comportamenti stonati. Al di là delle parole e dei gesti, si sente incompresa e scartata dalla élite spirituale dei consacrati, tra i quali invece suo marito è "idolatrato". Si spiegano così le scenate, le reazioni talvolta esagerate, l'episodio, raccontatoci da un amico di Igino, che, tornando a casa, trova la porta chiusa, la serratura cambiata, tanto da essere costretto a chiedere ospitalità in focolare...


Mya è ferita e reagisce all'impazzata. Le sue reazioni appaiono incomprensibili e sproporzionate. La si considera inaffidabile ed esaurita, senza domandarsi se tale stato sia in qualche modo effetto degli eventi e del comportamento ai suoi occhi inspiegabile del marito. Si giunge di fatto all'irreparabile, cioè allo "sfascio" della relazione coniugale, nonostante la tenuta dell'alleanza sacramentale e le rette intenzioni di entrambi. Non mancano tentativi di Igino di controllare le reazioni istintive e porre in atto comportamenti positivi. Igino è così docile, fedele, premuroso come sposo e padre, da farsi perdonare i suoi voli pindarici, ma per Mya non è sopportabile che abbia una "nuova famiglia spirituale". I conti vuole farli in coppia, non col movimento. (Pag 249-250)


Il brano che segue è molto delicato e doloroso. Ci pare un resoconto onesto e sincero degli autori che hanno provato a raccontare questa triste vicenda. È un po' la quintessenza di quanto stiamo cercano di mettere in rilievo.


Per Mya non c'è la consolazione della comunità. Da sola non domina le coordinate mentali per poter condividere la "ubriacatura " dell'anima di Igino. Ascolta i racconti "fantasiosi", restando estranea, a volte indulgente, altre intollerante. I suoi sforzi di riavvicinamento sono puntualmente resi vani da una mente alterata, in cui impazzano le contraddizioni tra distanza e vicinanza, intimità ed estraneità, fede e rigetto di "Gesù in mezzo nel focolare"... Mya non trova adeguate motivazioni per impedirgli la frequentazione di quelle ragazze in fondo innocue e forse ingenue. Non può farci niente se lei non avverte la stessa sete di quel "di più" che Igino agogna, se lei vede nuvole laddove il marito intravede squarci di cielo, se lei s'infastidisce per ciò che riempie di gioia Igino. Nessuno può costringerli ad amare l'amore dell'altro: lui a farle amare l'ideale di Chiara, lei a soffocare quell'amore. Nec tecum nec sine te. Il modo di guardare il mondo e le priorità sono oramai diverse: lui ama follemente quello che lei trova evanescente e inutile, lei ama quello che lui giudica secondario e talvolta nocivo. Se lei dà importanza a certi avvenimenti, a lui sembrano ininfluenti, se lei si dà da fare per risolvere le situazioni più complesse, lui parte per un raduno inderogabile, se lei trepida per il futuro dei figli, lui punta tutto sulla fiducia nella Provvidenza quasi volando al di sopra della realtà. Nessuno dei due può pretendere di cambiare l'altro a forza. A Mya non resta che convivere alla meglio e prendersi se possibile piccole rivincite, continuando a occuparsi di cose concrete, quelle che gli uomini trascurano ma senza delle quali le famiglie non reggono: i figli da crescere, i loro studi da curare e assicurare, le iniziative di volontariato nelle quali spendersi svolgendo ruoli da protagonista. Vuole contribuire a creare un mondo più pulito, giusto e bello, cominciando dalla sua famiglia, oasi di sperimentazione della pace, che invece è troppo spesso campo di battaglie. Non ce la fa a riformulare i registri della comunicazione, adattandoli all'imprevisto, e soccombe ondeggiando tra amore e odio, accoglienza e rifiuto, comprensione e giudizio. Il bilancio dell'amore appare a Mya in palese asimmetria nei suoi confronti: lei ha dedicato ad Igino la vita, tanti bei momenti di tenerezza, quattro figli, lo ha aiutato a farsi strada nel mondo della cultura, in Vaticano, in Parlamento e il suo uomo quasi le volta le spalle per andare dietro alle focolarine. Ritiene di avere anche lei talenti da spendere in pubblico e acconsente alle proposte che la reclamano per incarichi di spicco in sintonia con la sua attitudine alla benevolenza, alla pace nel mondo, all'amore per la cultura musicale e per l'Italia. Ma senza Igino i progetti naufragano. Il matrimonio regge perché Igino accetta la sua croce e Mya rimane fedele al patto d'amore, nonostante tutto. Entrambi sanno che il coniuge è l'ancoraggio al cielo, infrangendo il quale neanche il focolare avrebbe legittimità. Combattono su fronti opposti la battaglia tra l'amore inossidabile e i ripetuti naufragi della comunicazione sponsale. Occorre vivere nella tempesta, accettare linguaggi ormai troppo diversi: lei parla di figli, di incontri, di impegni, di conoscenze, lui parla di focolare, di Chiara, di volontà di Dio, di unità. Già, quale unità e con chi? Lei è il soggetto debole e del resto chi può lottare contro Dio? (Pag 253-255)


Il primo focolarino sposato 

Igino non vuole rimanere un amico "esterno", ma entrare nel cuore dell'Opera di Maria (nome ufficiale del movimento dei focolari n.d.r.) consacrandosi con le promesse di povertà, castità e obbedienza. Pensa ai caterinati del Trecento che avevano un rapporto con santa Caterina simile a quello suo con Chiara. Finisce così col chiedere esplicitamente un legame più stretto….


La mattina del 16 luglio 1949, nella chiesetta di Tonadico, dove Chiara trascorre alcuni giorni di vacanza con le prime compagne, dopo la comunione, Chiara e Igino siglano il patto delle anime. Come effetto di questo patto, entrambi vivono un periodo straordinario e luminoso chiamato “I paradisi del 1949”(1), e scoprono aspetti nuovi, anche teologici, del carisma. (vedi link) Il Diario inglese del 2 settembre 1951 porta l’appunto: “Promessa perpetua obbedienza”. Evidentemente a Chiara. Quattro anni dopo, nel novembre 1953 quell’obbedienza assume la veste di una promessa pubblica e solenne.” (Pag 256)


Ma come? Non voleva farsi prete proprio a causa dell’obbedienza; è Chiara stessa a raccontarlo: «Era uscito da piccolo dal seminario per non obbedire». (Pag 183)

Perché l'obbedienza a Chiara Lubich è totale e arriva sino alla spersonalizzazione dell'individuo cui è richiesto di annullarsi per farsi generare da lei o da chi ricopre la carica di autorità, sempre conforme e a immagine e somiglianza sua comunque. Per Chiara Lubich, nella sua concezione dei rapporti trinitari, chi ricopre il ruolo del "figlio" deve "morire". Basterebbe anche solo questa poesia scritta nel 1950 da Giordani e dedicata a sé stesso dal titolo “Per Foco”:


"E Foco è fuoco per il focolare che si consuma sol per dar calore e tanto vive quanto più scompare che la missione sua è sol d'amore. Egli è il silenzio su cui Chiara parla, il bianco foglio su cui Chiara scrive, l'ombra dal fondo per illuminarla chè solo perso in Chiara Foco vive."


Chiara Lubich in questo senso ha di nuovo esagerato rinforzando i disequilibri del Giordani. Sapeva benissimo che c'era un matrimonio ma ingenuamente probabilmente pure lei si illudeva che il malcapitato lasciasse la moglie (non si sa come, visto il sacramento indissolubile) per seguirla. È lei stessa a confidarlo a una sua compagna. Questo particolare lo sappiamo proprio da Igino Giordani che nella "Storia di Light" riporta questa corrispondenza (vedi link):


"Carissima Dina, ...ti devo dire una cosa che ti farà gioire e che terrai segreta con tutti: l'onorevole Giordani è stato chiamato da Gesù a seguirci nella vita di Focolare con i popi nostri. Perciò lascerà tutto: come san Pietro. Gesù veramente affascina e trascina: nessuno potrà resistere alla Sua azione. Sei contenta? Egli sarà per i giovani quello che sono io per voi: ha assorbito tutta quanta la Luce. È a Roma - per ora - sarà spesso in Focolare..." (Nuova Umanità 222, pag 161 - Storia di Light, Igino Giordani)

Mya, non è presente alla consacrazione. Viene avvertita? È Igino a farlo o le focolarine? Quando e in quali termini? Si tace sperando di coinvolgerla in un secondo tempo? Può una moglie capire e accettare ciò che sta accadendo? Sono domande a cui non è dato rispondere con cognizione di causa. Sappiamo da Carlo Nunziati, compagno di focolare di Igino, che il giorno dopo la morte di Foco, il 19 marzo, Chiara, incontrando i figli nell'appartamento dove il papà ha vissuto, spiega loro che «sulle doti naturali di Foco si era innestato un carisma... Lui si è consacrato con i tre voti». Bonizza ne è sorpresa e confessa di non saperne niente, come del resto gli altri figli e la moglie di Brando. Igino ha dunque evitato di confessare ai suoi fino in fondo gli sviluppi della sua vita spirituale in relazione al movimento. Ha già un bel da fare per inventare la migliore maniera di far conoscere e amare Chiara alla moglie. Una moglie intuisce tante cose non dette...


Se Igino è sostenuto dal focolare, per Mya tutto è più difficile e si sente "tradita". Lui le spiega che se i focolarini vedono nella verginità il culmine della donazione a Dio e sottolineano insistentemente la necessità evangelica di «lasciare il padre e la madre», dall'altra essi aprono le porte agli sposati: grazie a quel patto tutti possono entrare, se lo vogliono, nel tempio santo dell'unità. Mya recepisce solo che Igino è inebriato e, incapace di superare lo scacco della barriera frappostasi tra lei e il marito, rifiuta e a tratti "odia" il movimento.


... Per comprenderla, bisogna mettersi nei panni di una moglie costretta ad accettare che il marito promette obbedienza, sia pure spirituale, ad un'altra donna. Per resistere serenamente ci vorrebbe una personalità dotata di notevole equilibrio psicologico e fiducia sconfinata nell'amore personale di Dio. Non è così per Mya, minata fisicamente e psicologicamente dalle fatiche della vita, dagli anni, dalla menopausa, forse da una predisposizione... Reagisce come può alla presenza di focolarine e focolarini che considera nocivi per il suo legame coniugale. I due perdono l'intesa spirituale come coppia, senza sapere se ritroveranno mai un nuovo registro d'intesa, se riusciranno ad accogliere il focolare senza che l'unità coniugale ne risenta, se le continue punture di spillo finiranno con lo spegnere del tutto l'amore. Mya fa quel che può per restare fedele ai suoi compiti principali: i figli, la valorizzazione della maternità, il sostegno alla rivendicazione di un ruolo pubblico per le donne, la difesa della pace nel mondo. Non si può chiederle di più. Non riesce a comporre l'amore universale con la scelta prioritaria del coniuge, ciò che invece Igino considera del tutto conciliabili...


… A Mya non basta che Igino sia buono con lei e con i figli, non le basta un marito fedele; vuole un compagno dell'anima, quell'anima che lui rivolge continuamente all'Ideale. Probabilmente continua a domandarsi se il marito stia subendo un'infatuazione, un delirio religioso... Chi può rassicurarla che Igino non è incappato nella rete di quelle sette che rubano l'anima, il tempo, le energie, l'eredità, il cuore e la mente degli adepti? Per salvare il salvabile accoglie lui e i suoi compagni anche quando le appaiono fanatici, instancabilmente sorridenti e Chiara-dipendenti.” (Pag 258-260)


Morte di Mya Salvati - Entrata in focolare

Il 1 maggio del 1974 Mya Salvati muore di leucemia. Il 4, di sabato, tre giorni dopo (!!!), Igino Giordani si trasferisce in focolare a Rocca di Papa per stare vicino a Chiara. Il 5 maggio grande festa al centro internazionale di Grottaferrata per celebrare Igino-Foco che finalmente è entrato in focolare, da vedovo, e può coronare il suo sogno di essere vergine con i vergini e stare con Chiara. (vedi link e foto)


Chiara e Foco 1974

5 maggio 1974

Ci ricordiamo una canzone che si cantava nel Movimento dei focolari che dice bene tante cose, racconta il rapporto tra Giordani e la Lubich e contempla pure la povera Mya:

"Brilla una stella nel ciel sereno, il mondo è pieno del suo chiaror, invan le nubi cercan coprirla,sempre più brilla nel suo splendor… / La sola stella che ci conduce, che ci dà luce, ci dona amor: è Chiara nostra, Chiara splendente, stella lucente, sapienza amor… / Bramava Foco una cosa rara: essere Chiara e nulla più. Non era questa cosa da poco che ambiva Foco esser Gesù… / Or che da morte a nuova vita, il cielo invita l’altra metà (la moglie Mya n.d.r.), ecco che ai popi Foco pareggia e simboleggia l’umanità…" (Originale "L'artigliere” canzone alpina)


Nel fare l'esegesi di questa canzone ci sembra come di sparare sulla croce rossa, perché si commenta da sé. Il culto della Lubich, l'annientamento e appiattimento del Giordani nei suoi confronti e gli esiti deliranti e escatologici del suo presunto ruolo nei confronti dell'umanità.


Nella sua inguaribile ingenuità Igino non ha mai avuto dubbi sulla entrata immediata di Mya in Paradiso …nonostante tutto, egli aveva piena coscienza della purificazione prodotta in lei dal dolore: le maternità, con gli innumerevoli sacrifici, la rinuncia di fatto alla carriera per la famiglia, l'accettazione della lontananza prima fisica e poi spirituale di Igino, la povertà, la malattia, la persistente percezione di abbandono e ingratitudine sono state per lei una morte anticipata. (Pag 270)


Questa è anche la nostra convinzione, sopratutto dopo aver letto questa ricostruzione di Di Nicola e Danese: Igino Girodani ormai trasformatosi in Foco, del tutto sbilanciato a appiattito su Chiara Lubich, ha portato la moglie Mya all'esasperazione e ne è cosciente. Il perché lo sa solo lui, immaginiamo. È un dato di fatto che il matrimonio non gli bastava e non era per lui fonte del divino, che piuttosto trovava in Chiara e nel focolare.

E il colmo di questa situazione si venne a creare quando proprio Chiara Lubich decise di allontanare da sé Igino Giordani e non permettergli di frequentarla: «...io nel mio andare a Dio mi fermavo un po' alla porta d'ingresso, che per me era stata Chiara.» (Pag 265) È un capitolo della storia tra i due che andrebbe indagato a fondo. 

Epilogo

Non ci troviamo d’accordo con la ricostruzione degli autori del finale dell'esperienza tra Mya e Igino che vorrebbe riscattare il matrimonio evidentemente in crisi e naufragato, pur facendo salva la buona volontà di entrambi, certamente inficiata da dosi pantagrueliche di ingenuità di Giordani, troppo ebbro di spiritualità, soggiogato da Chiara Lubich e per questo, forse, sofferente della malattia più diffusa tra i focolarini: il rapporto con la realtà. 


Il difficile rapporto con Mya è il segno scandaloso "permesso" da Dio, per riplasmare la sua Chiesa sul modello di Maria, contemporaneamente vergine e madre. È conforme alla pedagogia di Dio, già nel Primo Testamento, di chiedere ad alcuni profeti (particolarmente ai quattro grandi) comportamenti strani o scandalosi, allo scopo di preparare il popolo ad accogliere annunci di "cose nuove". La storia del rapporto Igino Mya ci fa pensare che anche la sofferenza di Mya abbia avuto la sua parte in questo soffrire le doglie del parto, sia pure su un altro fronte e senza coglierne il senso. Il legame coniugale è tale che l'uno coopera alla missione dell'altro in un misterioso scambio di cui il Cristo è mediatore e garante.


Questo brano ci sembra un delirio, davvero un pensiero avulso dalla realtà e sarebbe interessante sapere cosa ne pensa a tal proposito la Chiesa.


Come promesso proviamo a rispondere alla domanda del “come mai Giordani è sepolto assieme a Chiara Lubich e non insieme alla sua amata moglie?”. Ce lo rivela Chiara Lubich stessa che una volta raccontò che Igino-Foco sul letto di morte le confidò queste parole: “Gesù in te è stato l’amore più grande della mia vita.”


E vissero tutti felici e contenti … 


P.S.
Alla luce di tutto quanto detto sino a qui alcune domande sorgono spontanee:

- Come mai il testo integrale della corrispondenza tra Giordani e Chiara Lubich noto come "Paradiso del 49" non è mai stato pubblicato nella sua interezza, senza tagli e censure? In modo che tutti possano farsi un'idea non mutuata dal filtro focolarino?

- Come mai non è stato pubblicato "Storia di Light" di Giordani dalla casa editrice focolarina Città Nuova, ma solo a puntate per la rivista (sempre interna e focolarina) Nuova Umanità che avranno letto, volendo essere ottimistici in poche dozzine? Si tratta della testimonianza di prima mano del cofondatore Giordani sulla storia del movimento e la sua fondatrice Chiara Lubich: come mai non é pubblicabile?

- Alla luce di tutti questi aspetti biografici sul matrimonio di Giordani e il suo rapporto con Chiara Lubich, non sarebbe il caso di riparlare del doppio pasticcio della vocazione del "focolarino sposato" e affrontare tutte le problematiche, sopratutto per i poveri figli, che si porta dietro?  


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In questo post riportiamo il numero di pagina degli estratti  de “Il buio sconfitto” e non le note a piè di pagina della pubblicazione stessa. Chi avesse problemi o mettesse in dubbio gli estratti citati, può sempre comprare il libro e verificare. 

 

1) Nuova Umanità 223, pag 125-126 - Storia di Light, Igino Giordani

[...]  Ecco perché anch'io mi sentivo Chiara di Gesù Abbandonato mentre ora mi sento: Chiara di Gesù. [...] Chiara di quel Gesù che è in Seno al Padre, nel Quale rimango se rimango unita a te (Foco). 

Diveniamo "Chiesa" quando nel nulla di noi (G.A.) i due Gesù Eucarestia patteggiarono unità. Tu sarai in Paradiso l'ideale di santa Caterina (l'Amore sgorgato dal sangue di Gesù)... Tu sarai l'Amore Vero, ed io sarò il Vero Amore (il Vero che è Amore)... Ora - Anima mia -, tocca a te chiamare i Caterinati in capo a tutti, perché, congiurati in unità quaggiù coi francescani, salvino l'Italia! Adesso comprendo perché "tutto S. Francesco" venne a trovarti a Montecitorio... Ed ora capisco perché tu vedesti in me il Secondo Ordine e cioè un simbolo di Santa Chiara! [...] Per questo amasti (come un'altra Maria) lo Spirito Santo in me e lo Spirito Santo venne a te. Viva l'Italia, la vita di Gesù! Ricordi, Anima mia, quando a S. Pietro la prima volta che venni con te all'altare della Mamma tu mi facesti pregare ed io con misere parole dissi: «Mamma, consuma le nostre due anime in uno...». Prepariamoci, Anima mia, accelerando l'ora benedetta... [...] Adesso comprendo perché il primo incontro nostro avvenne a Montecitorio...: lì iniziava la rinascita d'Italia. Oggi è venerdì e tu mi scrivi un poema su Gesù Abbandonato. leri era giovedì e mi scrivevi una lode tale dell'Unità che è Dio, da amar Iddio e creature: tutto in un Amore, tanto che vedesti me come l'Incarnazione dell'Amore! [...] Come s'avvera, Anima mia, ciò che ti dissi un giorno, che tu sarai lo scrittore dell'Unità ed il Cantore di Gesù Abbandonato. Ed ora sei il vero scrittore, perché prima facesti e poi insegnasti, ed il vero cantore, perché prima soffristi cantando e poi cantasti. [...]


2) Un altro cofondatore è il vescovo di Aquisgrana Klaus Hemmerle(1029 - 1984) ( https://it.wikipedia.org/wiki/Klaus_Hemmerle ); un altro sarebbe stato padre Pavel Hnilica gesuita Slovacco ribattezzato "Padre Maria”, considerato da Chiara Lubich (almeno fino a che gli è tornato utile) appunto come un co-fondatore. Da poco presente alle cronache per una brutta storia di abusi (vedi link - https://www.adista.it/articolo/72773 ) A questo indirizzo ci si può fare un’idea del rapporto tra i gesuiti e i focolarini http://www.raggionline.com/saggi/compagnia/chiaragesuiti.htm


3) "Il Buio sconfitto - Cinque relazioni speciali tra eros e amicizia spirituale" - 2016 Effatà editrice - di Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola. 


4) Unitrinité di Michel Pochet. 
5) I. Giordani, Famiglia comunità d’amore, Città Nuova, Roma, 2001, p. 12.


6) Chi è Madre Oliva? Nata a Castelfranco Veneto nel 1893, diplomata maestra e laureata in lettere all'Istituto superiore di Magistero dell'Università Cattolica di Milano (1930), entra nel 1920 come postulante nell'Istituto delle figlie della Carità canossiane e diviene preside del relativo istituto magistrale, a Treviso. Successivamente, in seguito ad un travaglio interiore, il papa Pio XII la scioglie dal voto canossiano, così che il 24 giugno 1938 può dar vita alla Congregazione delle «Figlie della Chiesa». L'iniziativa di fondare un diverso Istituto religioso scaturisce in lei dal contatto con le nuove generazioni e dall'esigenza di una formazione spirituale più consona ai tempi, di un apostolato in mezzo al popolo, che metta la santità alla portata di tutti, Nascono attorno a lei, in Veneto, le prime comunità di suore conosciute come «carmelitane in bicicletta», che insegnano il catechismo, diffondono le parole di Papi e Vescovi, promuovono un'azione educativa, assistenziale e sacramentale, vivono la Chiesa come Corpo mistico, raccomandando la necessaria confidenza in Dio «madre» e la funzione positiva della sofferenza, generatrice di nuova vita: «La verità è questa: che Dio è amore e vuol soffrire tutto il nostro dolore, come vorrebbero e non sempre possono le mamme». Il suo Istituto esiste ancora; si chiama Istituto delle Suore Figlie della Chiesa; nel 2008 ha festeggiato il suo settantesimo ed è presente, oltre che in Italia, anche in Bolivia, Colombia, India, Brasile ed Europa. (nota 147 a pag 228)


Commenti

  1. Ottimo articolo, spiega tante domande che mi sono poste nel periodo in cui ero nel Movimento. Per me Foco era perdutamente innamorato della Lubich e lo confondeva o lo sublimava in spitiritualita. La povera Mya ne ha sofferto le consecuenze e per di piu sembrava il cattivo del film.

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  2. I.g. non tradiva la moglie...ma faceva di tutto per stare in compagnia di c.l. ...se io dovessi fare la stessa cosa con un altra, mia moglie, foc scederebbe subito sul piede di guerra....NO perché tu hai sposato me..è da decine di anni che vedo nel mov un peso 10 misure..sempre e solo a loro favore..comunque conosco un foc che nella propria vita è uguale a i.g. piuttosto distrugge il proprio matrimonio...ma è così santo

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    1. Sono convito che esistono molti modi di fare le corna alla moglie..quello di i.g. è il peggiore..non è una cosa fisica--magari--passeggera ma è il tradimento di cuore..dire di amare una ma dare tutto a un altra..la moglie lo aveva ben capito e aveva capito anche che suo marito la aveva usata per i suoi scopi..i.g. era un narcisista che ha trovato una ancora più narcisista.. sottomettendosi a lei perché--secondo me--soffriva anche di un complesso di Edipo

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  3. Uno dei comportamenti del narcisista è quello di allontanarsi da una persona perché così si fa desiderare rendendola ancora più sottomessa

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  4. Si è messo scarponi da sci stivali scarpe ciabatte infradito e calzini..ma non voleva mettere il piede in due scarpe..però voleva essere prete, foc e marito..ho visto situazioni uguali..si li conosco molto bene

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  5. Nonostante fossi profondamente impegnato nella fede dei Focolari, avevo sempre dei dubbi sul perché si dicesse che Mya non avesse capito l'“Ideale”. Non capivo perché nessuno trovasse strano che Igino avesse seguito Chiara in questo modo e non avesse scelto sua moglie. In segreto mi sono sempre schierato dalla parte di Mya. Quindi il mio intuito era corretto.

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    1. Ok ora siamo in due a pensare la stessa cosa..magari è vero..però ho conosciuto altri foc/ne che si sono comportati esattamente allo stesso modo..domanda stupida..ma perché allora vi siete sposati/e..dovevate proprio rovinare la vita ad altre persone..direi proprio di si..PERO'..si chiama narcisismo manipolatorio

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