"L'educazione è il modo in cui i genitori
trasmettono i propri difetti ai figli"
By F.M.
"Il più grande successo per un insegnante è poter dire: 'I bambini stanno lavorando come se io non esistessi'." Questa citazione, attribuita a Maria Montessori, spiega la bontà della pedagogia quando i bambini sono così autonomi da lavorare efficacemente senza la costante supervisione dell'adulto. Il ruolo dell'educatore, in quest'ottica, si concentra sull'organizzare l'ambiente e le attività in modo tale che gli studenti possano imparare in modo indipendente. Anche Chiara Lubich, almeno all'inizio del suo percorso la pensava probabilmente così. Nelle prime mariapoli sulle dolomiti per lei il ruolo degli adulti che si premuravano di custodire i bambini era quello di "tenere lontano le vacche", quindi organizzare l'ambiente e le attività in modo tale che potessero imparare e giocare in modo indipendente; all'adulto solo il compito di garantirne la sicurezza.
Qualcosa nello sviluppo della storia focolarina poi però si è inceppato e anche il ruolo di Chiara Lubich e di chi ne faceva e ne fa le veci ha acquistato sempre più importanza, probabilmente troppa. Non ci si è più solo limitati a "tenere lontano le vacche" ma si è arrivati a stabilire e declinare ogni singolo filo d'erba. L'esagerazione è diventata così la cifra di questa presenza e in questo post proveremo a spiegare perché infatti il 23 ottobre scorso il Movimento dei Focolari ha presentato un documento che vorrebbe chiarire la pedagogia che scaturisce dalla proposta spirituale di Chiara Lubich: “Alla scuola di Gesù maestro - Formazione permanente e integrale del Movimento dei Focolari” (vedi link)
Il documento si rivolge a quanti sono impegnati nell’ambito educativo nelle diverse diramazioni del Movimento dei Focolari, nelle varie Chiese o comunità cristiane, nei vari ambiti delle diverse religioni, nella società. Insomma a tutti, anche se un linguaggio criptico e da iniziati lo rende di difficile lettura e si fa davvero fatica a barcamenarsi tra gli slogan focolarini seminati a profusione in queste pagine.
Il vizio di forma
Sarebbe importante una critica strutturata a questa proposta pedagogica focolarina. Questa volta ci limitiamo a segnalare ai nostri lettori un vizio di forma che, a nostro avviso, affligge questo documento e rischia di invalidarlo gravemente. Al capitolo “I protagonisti della formazione” a pagina 10, si legge:
“Le condizioni storico-sociali e le contraddizioni personali hanno portato a volte ad assolutizzare alcuni ruoli, così che anche all’interno del MdF si sono verificate situazioni di irrigidimento di questi ruoli, fino a casi estremi di esercizio di abuso di potere sulle coscienze o atteggiamenti di autoreferenzialità. La stessa Lubich ha più volte chiarito come i ruoli formativi vadano interpretati sempre in una logica di alternanza, di reciproco ascolto e amore, e come la finalità del MdF sia vivere per gli altri. Ma, nonostante questo, si sono fatti errori ed è compito di tutti fare i conti con queste contraddizioni e assumere collettivamente la responsabilità di una reciproca attenzione, perché il processo formativo sia sempre corretto e generativo della persona, della comunità e del suo rapporto con il contesto.”
Si tratta di una narrazione consolidata all’interno del Movimento dei Focolari che prova a chiudere il capitolo “abusi” senza spargimento di sangue. Il linguaggio utilizzato in questo paragrafo presenta diverse tecniche di mitigazione che meritano attenzione critica:
Passivizzazione diffusa
"Il più grande successo per un insegnante è poter dire: 'I bambini stanno lavorando come se io non esistessi'." Questa citazione, attribuita a Maria Montessori, spiega la bontà della pedagogia quando i bambini sono così autonomi da lavorare efficacemente senza la costante supervisione dell'adulto. Il ruolo dell'educatore, in quest'ottica, si concentra sull'organizzare l'ambiente e le attività in modo tale che gli studenti possano imparare in modo indipendente. Anche Chiara Lubich, almeno all'inizio del suo percorso la pensava probabilmente così. Nelle prime mariapoli sulle dolomiti per lei il ruolo degli adulti che si premuravano di custodire i bambini era quello di "tenere lontano le vacche", quindi organizzare l'ambiente e le attività in modo tale che potessero imparare e giocare in modo indipendente; all'adulto solo il compito di garantirne la sicurezza.
Qualcosa nello sviluppo della storia focolarina poi però si è inceppato e anche il ruolo di Chiara Lubich e di chi ne faceva e ne fa le veci ha acquistato sempre più importanza, probabilmente troppa. Non ci si è più solo limitati a "tenere lontano le vacche" ma si è arrivati a stabilire e declinare ogni singolo filo d'erba. L'esagerazione è diventata così la cifra di questa presenza e in questo post proveremo a spiegare perché infatti il 23 ottobre scorso il Movimento dei Focolari ha presentato un documento che vorrebbe chiarire la pedagogia che scaturisce dalla proposta spirituale di Chiara Lubich: “Alla scuola di Gesù maestro - Formazione permanente e integrale del Movimento dei Focolari” (vedi link)
Il documento si rivolge a quanti sono impegnati nell’ambito educativo nelle diverse diramazioni del Movimento dei Focolari, nelle varie Chiese o comunità cristiane, nei vari ambiti delle diverse religioni, nella società. Insomma a tutti, anche se un linguaggio criptico e da iniziati lo rende di difficile lettura e si fa davvero fatica a barcamenarsi tra gli slogan focolarini seminati a profusione in queste pagine.
Il vizio di forma
Sarebbe importante una critica strutturata a questa proposta pedagogica focolarina. Questa volta ci limitiamo a segnalare ai nostri lettori un vizio di forma che, a nostro avviso, affligge questo documento e rischia di invalidarlo gravemente. Al capitolo “I protagonisti della formazione” a pagina 10, si legge:
“Le condizioni storico-sociali e le contraddizioni personali hanno portato a volte ad assolutizzare alcuni ruoli, così che anche all’interno del MdF si sono verificate situazioni di irrigidimento di questi ruoli, fino a casi estremi di esercizio di abuso di potere sulle coscienze o atteggiamenti di autoreferenzialità. La stessa Lubich ha più volte chiarito come i ruoli formativi vadano interpretati sempre in una logica di alternanza, di reciproco ascolto e amore, e come la finalità del MdF sia vivere per gli altri. Ma, nonostante questo, si sono fatti errori ed è compito di tutti fare i conti con queste contraddizioni e assumere collettivamente la responsabilità di una reciproca attenzione, perché il processo formativo sia sempre corretto e generativo della persona, della comunità e del suo rapporto con il contesto.”
Si tratta di una narrazione consolidata all’interno del Movimento dei Focolari che prova a chiudere il capitolo “abusi” senza spargimento di sangue. Il linguaggio utilizzato in questo paragrafo presenta diverse tecniche di mitigazione che meritano attenzione critica:
Passivizzazione diffusa
- «si sono verificate situazioni» (non: "responsabili hanno esercitato")
- «si sono fatti errori» (non: "abbiamo commesso" o "sono stati commessi")
- Uso del "si" impersonale che diluisce la responsabilità individuale e istituzionale
- «le condizioni storico sociali e le contraddizioni personali hanno portato...»
- Gli abusi vengono attribuiti a fattori esterni (contesto storico) o individuali (contraddizioni personali), non a dinamiche strutturali del modello educativo stesso
- «abuso di potere sulle coscienze» → definizione accurata ma che evita termini più crudi come "manipolazione psicologica", "violenza spirituale", "coercizione"
- «atteggiamenti di autoreferenzialità» → formulazione astratta che suona quasi accademica
- «La stessa Lubich ha più volte chiarito...» → subito dopo l'ammissione, si richiama l'autorità fondatrice come garanzia che il problema era già previsto/risolto
- «Ma, nonostante questo» → congiunzione avversativa che presenta gli abusi come deviazione rispetto a una norma "chiara".
Critica al carisma
Nel linguaggio focolarino, così come emerge dal documento, il carisma dell’unità non è soltanto un punto di partenza spirituale, ma un principio totalizzante da cui tutto discende e a cui tutto deve ritornare. È l’alfa e l’omega del sistema formativo, teologico e perfino psicologico del Movimento dei Focolari. Nelle sue formulazioni più esplicite, il testo mostra come il carisma dell’unità venga concepito come principio vitale, generativo, autoesplicativo e autoregolante. Non vi è, di fatto, alcun margine per una revisione critica o una riforma esterna: ogni deviazione o crisi è interpretata come perdita di contatto con l’origine — non come sintomo di un problema strutturale.
Il documento descrive i “dodici punti cardine” della spiritualità focolarina come un insieme circolare, dove “ogni elemento è incluso negli altri ed è, al tempo stesso, loro conseguenza”. Questa struttura non ammette esternalità critica: ogni principio è fondato sugli altri e tutti dipendono dal medesimo nucleo, il carisma dell’unità. La riforma diventa impossibile per definizione, perché l’unica autorità epistemologica è quella interna al carisma stesso.
Nella parte dedicata alla formazione, il “metodo” non è un insieme di pratiche verificabili, ma un’esperienza che “nasce dal carisma” e “libera dalla dipendenza perfino dai maestri”. In realtà, tale pretesa libertà coincide con una dipendenza assoluta, quella dall’ispirazione originaria di Chiara Lubich. Il formatore focolarino ideale non innova, ma riproduce. Quando qualcosa non funziona, non si cerca un errore di impostazione, bensì una “mancanza di unità”, ossia un difetto di fedeltà al carisma.
Il testo arriva a definire l’unità come “legge insita in ogni realtà”, trasformando un’ispirazione spirituale in una pretesa cosmologica. Così ogni crisi viene letta come “disgregazione dell’ordine naturale” e la cura coincide con un ritorno alla fonte carismatica. Questo meccanismo produce una teologia immunitaria, che neutralizza ogni domanda di responsabilità esterna: non è il sistema ad avere un problema, ma la persona a non essere abbastanza “in unità”.
Anche la dimensione educativa viene costruita sulla metafora dell’“arcobaleno”: sotto ogni colore “c’è tutta la luce”. Ogni aspetto della vita – lavoro, studio, affetti, corporeità, comunicazione – è già contenuto nella luce originaria del carisma. L’universo pedagogico focolarino diventa così un’emanazione continua dell’Uno, dove tutto ciò che esiste è riflesso della stessa matrice.
L’effetto finale è quello di un sistema autoimmune, capace di respingere ogni critica come minaccia all’unità. Le derive o gli abusi non vengono letti come segni di un potere spirituale deformato, ma come “perdita della presenza di Gesù in mezzo”. Il messaggio implicito è che la riforma coincide con la conversione, mai con la revisione delle strutture. Il carisma dell’unità, così come viene presentato, non è solo un principio ispiratore: è la chiave epistemologica e terapeutica universale. Quando il sistema vacilla, il rimedio non è cambiare, ma tornare all’origine. In questo meccanismo si manifesta la forma più sottile di autoimmunità carismatica: quella di un movimento che cura ogni ferita riaffermando la propria infallibilità spirituale. Quindi, quando qualcosa non funziona, la soluzione è tornare al principio stesso — non riformarlo. È un sistema a retroazione chiusa: ogni crisi diventa conferma della bontà del carisma secondo questo schema:
Errore → perdita dello spirito originario → ritorno al carisma → guarigione.
Lo afferma implicitamente pure la Lubich:
“Quale può essere l’aula vera, l’aula ideale per una scuola di questo genere? Io non ho dubbi: l’aula garante la Sapienza che vogliamo è solo il Seno del Padre celeste nel quale dobbiamo essere degni d’entrare e stabilirvici. Il carisma che ci è dato lo permette. E quando si esce da questa stanza di mura, non si dovrà mai uscire da quell’aula, pena, penso, il fallimento di questa Scuola. Perché, qualora si uscisse, occorrerà presto ritornarvi.”*
È un meccanismo di autoconservazione ideologica, proposto come spiritualità rigenerativa perché non introduce elementi esterni di verifica o di correzione (psicologia, diritto, sociologia, epistemologia, ecc.). Siamo quindi in presenza di una struttura di autoassoluzione perfetta. Infatti:
- chi stabilisce se c'è Unità?
- chi ci assicura di essere in Seno al Padre (qualsiasi cosa poi voglia dire)?
- chi verifica che si è in presenza di Gesù maestro?
La radice degli abusi
L'impostazione gerarchica di qualsiasi gruppo, branca, sottomovimento, comunità ecc... delle molteplici espressioni del movimento dei focolari è sempre stata una emanazione di Chiara Lubich, considerata il centro dell'Anima, l'alfa e l'omega, la fonte spirituale, maestra e madre, ecc... Tutti i responsabili, di ogni ordine e grado, erano chiamati ad essere "un'altra Chiara" e farne le veci, essere una sua acritica ripetizione e assicurare così il contatto diretto col Carisma. Il più delle volte senza nessuna preparazione ma solo tanta buona volontà. Il ruolo di guida morale e spirituale di Chiara Lubich era completamente saldato a quello di governo e autorità. È in questa anomalia, specificamente focolarina, che andrebbe indagata la radice degli abusi: la catena gerarchica che parte da Chiara e si ripete in chi la rappresenta.
Non è quindi onesto affermare che l'abuso spirituale-psicologico tipico della fenomenologia focolarina dipenda da “condizioni storico-sociali e contraddizioni personali” quando è ampiamente riconosciuto che molto probabilmente ha piuttosto radice nel pensiero della fondatrice Chiara Lubich e nella sua concezione dei rapporti trinitari che è servita negli anni a cementare una data gerarchia e la distribuzione dei ruoli. Chiara Lubich, come è noto, aveva serie difficoltà a gestire il dissenso e qualsiasi voce contraria o una eco non pura del suo pensiero veniva allontanata o comunque messa in grado di non nuocerle (vedi link). In questo la sua concezione dei rapporti trinitari (vedi in nota)**, tra Padre e Figlio, le sono serviti per affermare la sua autorità e ottenere assoluta obbedienza. Lei il “Padre” e i suoi e le sue sottoposte “il figlio” che deve immolarsi.
La proposta spirituale di Chiara Lubich enfatizzava fortemente l'annientamento personale sul modello cristologico del Figlio che si immola. Questa impostazione richiedeva la rinuncia alla propria ispirazione e personalità, un processo che alcuni hanno descritto come 'morte spirituale e psicologica', finalizzato all'adesione totale al carisma. Da una sua lettera del 23 novembre 1950:
“... una sola anima deve vivere: la mia, cioè quella di Gesù in mezzo a noi, che è in me”.
Il movimento dei focolari che le è sopravvissuto continua a venerarla e celebrarla ma pur in presenza della piaga degli abusi non sono stati ancora capaci di analizzarne le cause e avanzare delle critiche emendando il suo pensiero che secondo alcuni teologi e analisti appare problematico e solleva questioni teologiche e dottrinali che richiedono approfondimento. (vedi link)
Queste considerazioni i focolarini le conoscono molto bene tanto che: “...ultimamente è stata inoltre istituita una Commissione di studio sugli abusi di potere e spirituali accaduti all’interno del Movimento. Lo scopo è approfondirne le cause, per poter cambiare prassi dannose e mettere in atto un’adeguata prevenzione. (…) è evidente che non bastano la creazione e l’applicazione di norme e protocolli, ma occorre approfondire le dinamiche che hanno condotto alle diverse forme di abuso.” (vedi qui)
Problema epistemologico
Il documento “Alla scuola di Gesù maestro - Formazione permanente e integrale del Movimento dei Focolari” crea una distinzione interna non verificabile tra carisma autentico (sempre buono) e la sua applicazione distorta (causa dei problemi). Da questo sorge però un problema epistemologico:
chi stabilisce cos'è "autentico"?
Non esiste un criterio esterno per distinguere "carisma autentico" da "interpretazione distorta", quindi la distinzione è arbitraria e sempre utilizzabile per difendere il sistema. Si configura così un serio rischio di manipolazione narrativa. Questo produce una pedagogia chiusa, immune da falsificazione (nel senso di Popper): nessuna esperienza può confutarla, solo confermarla. Se funziona, è segno che c’è “Gesù in mezzo”; se fallisce, è segno che “non abbiamo amato abbastanza”.
Il “ritorno al carisma originario” non è un’eccezione, ma la regola epistemica del sistema focolarino. Ogni concetto educativo (amore, comunione, unità, presenza di Gesù) funge contemporaneamente da principio fondante, strumento operativo, giustificazione morale e cura di ogni deviazione. Questo rende il modello pedagogicamente stagnante e spiritualmente autoreferenziale. Si tratta di un sistema in cui la fede e la pedagogia si confondono al punto da impedire ogni revisione reale.
I focolarini comunque riconoscono che "si sono fatti errori" ma li attribuiscono a cause esterne/individuali, non propongono modifiche strutturali, non prevedono verifiche esterne e guai a chi critica Chiara Lubich. Il Risultato è l’impossibilità di apprendimento sistemico.
Questa proposta pedagogica inoltre non è neutra ma ha conseguenze reali e costi umani molto alti.
Per le vittime di eventuali abusi:
Il paradosso di questa proposta pedagogica consiste inoltre nel mettere l'amore al centro correndo il rischio di facilitare gli abusi. Come nota Judith Herman (Trauma and Recovery), nelle relazioni di abuso c'è spesso un linguaggio dell'amore e della cura che maschera il controllo. E questo perché:
Per le vittime di eventuali abusi:
- Difficoltà a nominare l'abuso (il linguaggio disponibile è quello dell'amore)
- Senso di colpa (se soffro, è perché non amo abbastanza)
- Isolamento (il gruppo condivide il linguaggio autoassolutorio)
- Assenza di riparazione (il sistema si autoassolve)
- Impossibilità di imparare realmente dagli errori
- Ripetizione di dinamiche problematiche ("intensificare il carisma")
- Frustrazione mascherata da zelo
- Stagnazione mascherata da fedeltà
- Perdita di credibilità esterna
- Incapacità di auto-riforma
L'amore al centro
- si dissolvono i confini: l'amore "totale" rende difficile distinguere intimità appropriata da intrusione
- si squalifica il rifiuto: dire "no" a una richiesta d'amore appare come egoismo, mancanza spirituale
- si asimmetrizza moralmente: chi "ama di più" (il formatore ideale) acquisisce autorità morale schiacciante
- si rende invisibile l'abuso: "lo fa perché mi ama", "è per il mio bene spirituale"
Il linguaggio dell’amore serve da anestetico al conflitto e i focolarini credono sinceramente che l’amore basti a sanare ogni errore — ma questa fede ingenua rischia di favorire un ambiente strutturalmente vulnerabile agli abusi di potere. In termini educativi, il Movimento dei focolari continua a concepire la formazione come un processo di santificazione, non come un percorso di emancipazione. E finché “il ritorno al carisma” resta la risposta ad ogni crisi, questa proposta pedagogica resterà intrappolata in se stessa.
Il pericoloso cortocircuito logico insito in quanto stiamo cercando di evidenziare consiste in questo: se tutto deriva dal carisma e il carisma è infallibile e sempre buono, allora le richieste apparentemente eccessive diventano giustificabili:
- "Per l'unità è necessario che tu..."
- "Se ami davvero, devi..."
- "Il carisma richiede questo sacrificio..."
La sofferenza viene spiritualizzata:
- "Gesù abbandonato" come paradigma
- "Il difficile va amato e superato"
- "Chi soffre cresce spiritualmente"
Il dissenso viene patologizzato:
- "Stai perdendo lo spirito"
- "Non hai capito il carisma in profondità"
- "Sei individualista"
L'abuso diventa invisibile:
- reinterpretato come "prova"
- o come "male compreso" (ma era per il bene)
- o come "insufficiente amore reciproco" (colpa della vittima)
Una pedagogia matura
L'alternativa sarebbe un sistema pedagogicamente maturo che dovrebbe poter dire senza timore:
"Il carisma dell'unità rischia di essere vissuto in modi che generano abusi. Abbiamo identificato X fattori strutturali problematici nella proposta pedagogica di Chiara Lubich e nella prassi che ha insegnato. Abbiamo introdotto Y contrappesi (esterni, verificabili). Se dopo Z anni gli indicatori non migliorano, rivedremo i fondamenti stessi del modello e correggeremo persino Chiara."
Questo il documento dei focolarini non può affermarlo perché metterebbe in discussione la bontà e l'autoevidenza del carisma.
"Il carisma dell'unità rischia di essere vissuto in modi che generano abusi. Abbiamo identificato X fattori strutturali problematici nella proposta pedagogica di Chiara Lubich e nella prassi che ha insegnato. Abbiamo introdotto Y contrappesi (esterni, verificabili). Se dopo Z anni gli indicatori non migliorano, rivedremo i fondamenti stessi del modello e correggeremo persino Chiara."
Questo il documento dei focolarini non può affermarlo perché metterebbe in discussione la bontà e l'autoevidenza del carisma.
La debolezza strutturale di questo documento si fa più evidente inoltre nel momento in cui afferma che «educare è educarsi» ma il sistema focolarino è recalcitrante, non si educa e quindi non impara. È un sistema che propone e predica valori che la sua stessa struttura rende impossibili.
L'unica via d'uscita pedagogica è riconoscere che il carisma è fallibile e deve sottoporsi a criteri normativi che lo trascendano. Insomma focolarini Chiara Lubich va criticata, non avete scampo. Finché questo non accade, il sistema rischia di restare pedagogicamente limitato capace solo di riprodurre se stesso, non di generare reale maturità umana. Questo documento ci sembra così un'occasione mancata: poteva essere il momento di una vera riforma pedagogica; è invece la riaffermazione di un sistema che non può imparare dai propri errori.
"Nessuno educa nessuno"
A conclusione di questa analisi un ulteriore spunto di riflessione preso da un testo di Don Cesare Sommariva, il suo testamento spirituale. Vi proponiamo un giochino pedagogico innocente: "Trova le differenze":
“A conclusione di tutto, possiamo porre le tre leggi dell'umano educatore: non aver paura, non far paura, liberare dalla paura. Dicesi umano educatore colui che sa stabilire una relazione tra umani, senza paura, senza far paura, liberando dalla paura. Il contenuto della relazione non conta. Quello che conta é una relazione nuova, in cui non ci sia nulla che possa avere a che fare con la paura. In un mondo in cui i poveri sono oppressi, i prepotenti trionfano, i miti sono disprezzati, occorre realizzare relazioni pulite e dolci, non sporche di premi, castighi, obblighi, non seduttive ne sdolcinate, ma relazioni in cui ci siano nuovi incontri, nuovi riti, nuovi ritmi. Per questo noi non saremo mai istituzione, perché ogni istituzione chiede i suoi servi, include ed esclude, e per far questo usa il premio, il castigo e il sapere. Tutte cause che provocano la paura di non essere premiato, di essere castigato, di non sapere. Noi non costruiremo una organizzazione, noi siamo e saremo solo un investimento di desideri di liberazione dalla paura. Il costo di tutto ciò e di pensare, lavorare, muoversi da minoranza, con tutto quello che significa di impotenza e di libertà. Di noi non deve rimanere nulla al di fuori di avere un tempo e per un tempo aver camminato assieme ricercando libertà e liberazione. Questo patto fra uomini e donne che si riuniscono per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo. Nessuno educa nessuno. Gli uomini si educano fra loro nella costruzione di un mondo di Libertà. Questo è il punto a cui siamo arrivati. E lo abbiamo scritto per averlo ben chiaro nel cuore e nella testa. “***
A conclusione di questa analisi un ulteriore spunto di riflessione preso da un testo di Don Cesare Sommariva, il suo testamento spirituale. Vi proponiamo un giochino pedagogico innocente: "Trova le differenze":
“A conclusione di tutto, possiamo porre le tre leggi dell'umano educatore: non aver paura, non far paura, liberare dalla paura. Dicesi umano educatore colui che sa stabilire una relazione tra umani, senza paura, senza far paura, liberando dalla paura. Il contenuto della relazione non conta. Quello che conta é una relazione nuova, in cui non ci sia nulla che possa avere a che fare con la paura. In un mondo in cui i poveri sono oppressi, i prepotenti trionfano, i miti sono disprezzati, occorre realizzare relazioni pulite e dolci, non sporche di premi, castighi, obblighi, non seduttive ne sdolcinate, ma relazioni in cui ci siano nuovi incontri, nuovi riti, nuovi ritmi. Per questo noi non saremo mai istituzione, perché ogni istituzione chiede i suoi servi, include ed esclude, e per far questo usa il premio, il castigo e il sapere. Tutte cause che provocano la paura di non essere premiato, di essere castigato, di non sapere. Noi non costruiremo una organizzazione, noi siamo e saremo solo un investimento di desideri di liberazione dalla paura. Il costo di tutto ciò e di pensare, lavorare, muoversi da minoranza, con tutto quello che significa di impotenza e di libertà. Di noi non deve rimanere nulla al di fuori di avere un tempo e per un tempo aver camminato assieme ricercando libertà e liberazione. Questo patto fra uomini e donne che si riuniscono per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo. Nessuno educa nessuno. Gli uomini si educano fra loro nella costruzione di un mondo di Libertà. Questo è il punto a cui siamo arrivati. E lo abbiamo scritto per averlo ben chiaro nel cuore e nella testa. “***
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*C. Lubich, Discorso Inaugurale della Summer School Sophia “Per una Cultura dell’Unità” (15 agosto 2001), in «Sophia», 1 (2008/0) p. 16.)
**Alcuni esempi tratti dagli scritti di Chiara Lubich:
«Ogni anima dei Focolari ha da essere una mia espressione e null'altro. La mia Parola contiene tutte quelle delle focolarine e focolarini. Io li sintetizzo tutti. Quando io appaio così dunque devono lasciarsi generare da me, comunicarsi con me. Anch'io, come Gesù, debbo dir loro: "E chi mangia la mia carne ... ". Per vivere la Vita che Dio ha loro data, essi debbono nutrirsi del Dio che vive nella mia anima. Il loro atteggiamento di fronte a me deve essere un nulla di amore che chiama l'amore mio» (Lettera, Roma, 23/11/1950).
«I Focolarini sono dunque Gesù ora ed io sono il Padre per essi. Essi possiedono la preghiera ultima come propria per le loro anime e pregano direttamente il Padre passando attraverso il mio nulla. [...]. Siamo quindi tutti eguali come identica è la mano al capo: solo che la mano per agire (ed è lei che agisce) deve sottomettersi al capo: così noi Focolarini siamo tutti Gesù e siamo Gesù se ci sottomettiamo all'autorità. (che per voi è in me) che è Gesù-Padre» (Lettera, 11/9/1950 Trento).
«L'Unità è Unità dunque ed un'anima sola deve vivere: la mia, e cioè quella di Gesù fra noi che è in me. Queste focolarine che così agiscono sempre sono perfette. Esse sono Gesù fra noi con me. Perché nulla si sono tenute (ed hanno perso coll'anima anche le ispirazioni parziali), hanno tutto» (Lettera, Roma, 23/11/1950).
«Per vivere Gesù Abbandonato bisogna vivere la volontà di Dio. La volontà di Dio, infatti, è sinonimo del vivere Gesù Abbandonato perché vivendola si dà la morte alla propria volontà, come, del resto, amare gli altri è sinonimo di amare Gesù Abbandonato» (da Il Patto del ‘49 nell'esperienza di Chiara Lubich - ed. Città Nuova/ Studi interdisciplinari della Scuola Abba, pag. 13).
«2 dicembre 1946, ore 11. Non c’è Unità se non là dove non esiste più personalità. Non dobbiamo fare un “miscuglio”, ma una “combinazione” e questa sarà solo quando ognuna si perderà nell'Unità al Calore della Fiamma dell'Amor Divino. Che resta di due o più anime che si combinano? Gesù - l'Uno.
[Nessuno dà tanta gloria a Dio quanto Dio e Dio c’è in un'anima che si annulla perché il Cristo riviva in Lei e nel Cristo il Padre – e fra due anime che fondendosi (annullamento reciproco amoroso, risultato da un'eroica umiltà e da un ardente amore) danno risalto al Cristo. Quando l'Unità passa, lascia una sola orma: il Cristo.]
(Nota: questa parentesi non è menzionata nel libro: Gesù in mezzo nel pensiero di Chiara Lubich, edizione Città Nuova. Vi troviamo, in sostituzione, dei puntini di sospensione. La parentesi è invece riportata integralmente a pag. 3 del documento L'Unità, estratto del "2 dicembre 1946, ore 11.00").
Chi si fonde nell'Unità, perde tutto ma ogni perdita è guadagno. L'Unità esige anime pronte a perdere la propria personalità, tutta la propria personalità. Perché l'Unità è Dio e Dio è Uno e Trino. I 3 vivono unificandosi per la loro stessa natura: Amore e unificandosi (=annullandosi) si ritrovano 3 -> 1 -> 3 = I 3 si fanno uno per amore e nell'Unico Amore si ritrovano» (in “Nuova Umanità” XXIX (2007/6) 174, pag. 605-611 e anche in Gesù in mezzo di Chiara Lubich a cura di Judith Marie Povillus e Donato Falmi, ed. Città Nuova, pag. 67).
***Don Cesare Sommariva (1933–2008) è stato un prete operaio e missionario italiano, noto per la sua stretta collaborazione con Don Lorenzo Milani e per il suo impegno nel mondo del lavoro e nelle periferie milanesi.
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